Il Quirinale per Silvio Berlusconi è «l’ambizione della vita», ma secondo Roberto D’Alimonte, noto docente della Luiss, la mano tesa della leader di Fratelli di Italia Giorgia Meloni e del segretario del Carroccio Matteo Salvini potrebbe non bastare per l’elezione a presidente della Repubblica. E il motivo è semplice, l’accordo sarebbe frutto di una sorta di “ricatto” per l’esperto: “Appoggiatemi per il Colle che in cambio io mi opporrò a una riforma elettorale proporzionale”. Durante un’intervista a «La Repubblica», ripresa da altri quotidiani come «Il Tempo», D’Alimonte ha parlato anche di un sondaggio mai pubblicato sul presidente del consiglio Mario Draghi, altro possibile candidato al Colle.
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D’Alimonte e il sondaggio mai pubblicato su Mario Draghi: «Mi sono spaventato…»
Berlusconi sogna di succedere a Mattarella: “Mi piacerebbe dire che è fuorigioco, ma non è così. Ho calcolato 93 cani sciolti tra i grandi elettori, esponenti né di destra né di sinistra. Potrebbe prenderli lì”, ha detto il professor Roberto D’Alimonte. Difatti al Cavaliere mancherebbero ben 53 voti per quota 503, salvo defezioni nel centrodestra. La questione della legge elettorale “è la più importante di tutte. Con la legge proporzionale Salvini e Meloni alle prossime elezioni non vincono. Con l’attuale legge maggioritaria probabilmente sì. E in questo momento in Parlamento prevale la voglia di proporzionale”, ha chiarito il politologo nell’intervista. “Lo sanno. Gli danno questo contentino, poi Berlusconi non ce la fa e a quel punto si apre la vera partita” per il successore di Sergio Mattarella”, ha dichiarato D’Alimonte, per il quale il favorito per il Colle resta Mario Draghi. Anche se le quotazioni dell’ex numero della Bce “sono scese dal 70-80 per cento di qualche settimana fa all’attuale 50-60”. La ragione è da ricercarsi per l’esperto nella sequela di presunti errori nella gestione della pandemia, come la sanzione di 100 euro per i no vax over 50. Ad aver smorzato l’entusiasmo degli Italiani anche la tarantella “Colle sì Colle no”, che avrebbe trovato prima di Natale la sua massima espressione. Troppe allusioni, la conferenza stampa di fine anno ha fatto più male che bene a Draghi: “Poteva dire: ‘Resto qui’, ma sarebbe stata una bugia”.
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D’Alimonte ha poi parlato di un sondaggio mai pubblicato su una sorta di “partito di Draghi”: “A fine novembre ho fatto un sondaggio da cui emergeva che più del 50 per cento degli italiani” si diceva “sicuramente” o “probabilmente” disposto a votarlo. “Mi sono spaventato e non l’ho pubblicato. Vorrei farne un altro, di verifica. Ma si può arguire già così che un eventuale partito di Draghi potrebbe valere più del 20 per cento. So bene che non ne fonderà uno. È una figura politica, non partitica”, l’idea che si è fatto il professore della Luiss. Leggi anche l’articolo —> Match del Quirinale, Renzi e la strategia dell’istrice: chi vuol davvero mandare al Colle