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Gas dalla Russia, cosa succederebbe all’Italia se Mosca bloccasse i rifornimenti

06/05/2022 12:00

La dipendenza dal gas proveniente dalla Russia non può finire di punto in bianco. Per quanto lo si vorrebbe, è praticamente impossibile, e lo ha ribadito anche il ministro della Transizione ecologica Cingolani: “L’interruzione a maggio delle forniture renderebbe critico il superamento del prossimo inverno”. Perché se gli stoccaggi sono vuoti, non si riesce a rifornire le famiglie e le imprese con regolarità. Qual è, quindi, la soluzione? E cosa succederebbe se Mosca chiudesse davvero i rubinetti?

gas Russia

Gas Russia, cosa succederebbe all’Italia

L’unica opzione valutabile è quella del razionamento del gas. Un vero e proprio blocco, invece, non sarebbe gestibile “in assenza di rilevanti misure di contenimento della domanda, che ovviamente sono previste”, ha sottolineato Cingolani durante un’audizione alla Camera. Sostanzialmente, quindi, l’unico vero modo per poter superare l’inverno senza eccessive preoccupazioni è riempire i serbatoi, e arrivare all’autunno con almeno il 90% degli stoccaggi, esattamente come stabilito dall’Unione europea. Per arrivare a quella percentuale, però, servirebbero almeno otto mesi, visto che ogni 30 giorni circa si accumulano 1,5 miliardi di metri cubi di gas. E al momento i depositi sono pieni soltanto al 37,6%.

Per quanto si vorrebbe dimostrare solidarietà all’Ucraina bloccando l’arrivo di gas russo in Italia, quindi, l’ipotesi risulta essere poco verosimile. Soprattutto perché l’Italia non riuscirà a essere autonoma da Mosca prima del 2024, e questo è già chiaro agli occhi di tutti. Secondo quanto dichiarato da Cingolani a Repubblica, poi, un’eventuale chiusura dei rubinetti a novembre si potrebbe anche affrontare, ma in ogni caso l’idea sarebbe quella di “mantenere le forniture russe fino a fine 2022, per garantire la sicurezza del sistema”. il tutto condito dal pagamento in rubli, che ancora non è chiaro come dovrà avvenire.

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La questione del pagamento in rubli del gas proveniente dalla Russia

Tra l’altro, dopo la polemica sollevata a causa delle dichiarazioni dello stesso Cingolani a un quotidiano americano Politico, frasi nella quale sembrava assecondare la richiesta di Mosca di pagare con il sistema del doppio conto, è stato proprio il ministro a chiarire la situazione. Se la transazione si considera finita quando la Banca centrale russa cambia in rubli gli euro o i dollari depositati dagli importatori presso il loro conto in Gazprombank, allora si potrebbe configurare un prestito a favore di Mosca, cosa però vietata dalle sanzioni imposte dall’Occidente. Se invece il pagamento viene effettuato con il saldo in euro, allora la transazione risulta lecita. Di fatto, quindi, non ci sarebbe nessuna “apertura al rublo. L’Europa è estremamente unita in questo, serve una posizione unitaria con una direttiva chiara“, ha infatti ribadito Cingolani.

Anche questa posizione, però, lascia qualche perplessità. Soprattutto perché dopo aver superato il possibile veto dell’Ungheria e ottenuto il via libera dalla Germania, l’Unione europea è riuscita a varare il sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca. E tra queste compare anche il graduale embargo del petrolio a partire da gennaio 2023.

Nel testo, poi, è prevista anche un’eccezione per Slovacchia e Ungheria, vista la loro dipendenza dal gas proveniente dalla Russia. Anche perché i due Paesi, che non hanno sbocchi del mare, sono impossibilitati a diversificare le forniture nel breve periodo. Proprio per questo potranno continuare a comprare il petrolio da Mosca anche nel 2023. Al di là di Ungheria e Slovacchia, comunque, il blocco delle importazioni non sarà una passeggiata per nessuno Stato membro. Prima del conflitto, infatti, l’Italia per esempio comprava dalla Russia il 13% del petrolio che consuma all’anno, la Germania il 35%. L’Unione europea dava a Mosca 400 milioni di dollari per i 3/3,5 milioni di barili che acquistava ogni giorno. Contribuendo, anche oggi, al finanziamento della guerra in Ucraina. >> Tutte le notizie di UrbanPost

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