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Regime forfettario 2026: chi resta dentro e chi rischia di uscire

30/12/2025 23:40

Con l’avvicinarsi del 2026, migliaia di Partite IVA stanno cercando di capire se potranno continuare ad applicare il regime forfettario oppure se dovranno passare al regime ordinario. La Legge di Bilancio 2026 chiarisce alcuni punti chiave e conferma l’impianto generale del sistema, ma lascia anche margini di attenzione per chi opera o intende aprire una Partita IVA.

Il regime forfettario resta uno strumento fiscale agevolato pensato per professionisti, autonomi e micro imprese, ma il rispetto dei requisiti è fondamentale per evitare decadenze automatiche e costi imprevisti.

Cos’è il regime forfettario e a chi si applica

Il regime forfettario è riservato alle persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arte o professione e che non superano determinati limiti di ricavi o compensi. Si caratterizza per:

  • tassazione sostitutiva al 15% (ridotta al 5% per le nuove attività nei primi cinque anni);
  • assenza di IVA in fattura;
  • semplificazioni contabili;
  • calcolo forfettario del reddito tramite coefficienti di redditività.

Per il 2026 la struttura del regime resta invariata, ma vengono confermate alcune soglie decisive.

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Limite di ricavi: cosa cambia nel 2026

Il limite massimo di ricavi o compensi per restare nel regime forfettario resta fissato a 85.000 euro annui.

Il superamento di questa soglia produce effetti diversi:

  • se i ricavi superano gli 85.000 euro ma restano sotto i 100.000 euro, l’uscita dal regime avviene dal 1° gennaio dell’anno successivo;
  • se i ricavi superano i 100.000 euro, la fuoriuscita è immediata e il regime ordinario si applica già nello stesso anno.

Questo rende fondamentale monitorare gli incassi, soprattutto negli ultimi mesi dell’anno.

Regime forfettario 2026 e redditi da lavoro dipendente

Una delle novità più rilevanti riguarda i lavoratori dipendenti e pensionati che affiancano un’attività in Partita IVA.

Per il 2026 viene confermata la soglia di 35.000 euro di redditi da lavoro dipendente o assimilati. Chi supera questo limite nel 2025 non potrà applicare il regime forfettario nel 2026.

Il controllo riguarda:

  • stipendi;
  • pensioni;
  • collaborazioni coordinate e continuative;
  • compensi assimilati al lavoro dipendente.

La soglia non va verificata solo se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nel corso dell’anno e non sono stati percepiti altri redditi analoghi.

Il criterio di cassa: attenzione a incassi e pagamenti

Nel regime forfettario conta esclusivamente il criterio di cassa. Ai fini del limite degli 85.000 euro rilevano solo i compensi effettivamente incassati.

Questo significa che:

  • una fattura emessa nel 2025 ma incassata nel 2026 conta per il 2026;
  • una fattura emessa nel 2024 ma incassata nel 2025 rileva per il 2025.

Una gestione superficiale degli incassi di fine anno può far superare involontariamente le soglie previste.

Spese per dipendenti e collaboratori: il limite da non superare

Per restare nel regime forfettario è necessario non superare 20.000 euro annui di spese per:

  • lavoro dipendente;
  • collaborazioni;
  • lavoratori a progetto;
  • prestazioni assimilate.

Il superamento di questo limite comporta la perdita del regime agevolato dall’anno successivo.

Le cause ostative da verificare prima del 2026

Anche con ricavi e spese nei limiti, il regime forfettario può essere precluso in presenza di specifiche situazioni, tra cui:

  • partecipazione a società di persone o imprese familiari;
  • attività svolta prevalentemente per un ex datore di lavoro degli ultimi due anni;
  • utilizzo di regimi speciali IVA;
  • residenza fiscale all’estero (con eccezioni limitate).

Queste condizioni vanno verificate con attenzione, perché possono far decadere il regime anche a posteriori.

Perché dicembre è il mese decisivo per le Partite IVA

Il mese di dicembre è cruciale per chi opera in regime forfettario. È il momento giusto per:

  • verificare il totale degli incassi;
  • controllare i redditi da lavoro dipendente;
  • analizzare le spese per collaboratori;
  • escludere la presenza di cause ostative.

Un controllo tempestivo consente di evitare il passaggio forzato al regime ordinario, che comporta spesso un carico fiscale e contributivo molto più elevato.

Cosa rischia chi sbaglia

Errori nella verifica dei requisiti possono portare a:

  • recupero delle imposte non versate;
  • applicazione retroattiva del regime ordinario;
  • sanzioni e interessi;
  • controlli incrociati da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Per questo motivo il regime forfettario resta conveniente, ma solo se gestito con attenzione e consapevolezza.

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