Vai al contenuto

Alberto Stasi si prepara ad uscire dal carcere per lavorare: l’amarezza della madre di Chiara Poggi

27/08/2021 11:14 - Aggiornamento 27/08/2021 14:42

Alberto Stasi oggi: dopo 6 anni di reclusione, il 38enne si prepara a uscire dal carcere per lavorare. Il suo avvocato, Laura Panciroli, lo conferma al settimanale Giallo: «I tempi sono maturi per fare richiesta, ci stiamo attivando. Infatti rientra nei termini di legge per essere ammesso, ovviamente dopo la necessaria valutazione del Tribunale di Sorveglianza».

omicidio chiara poggi news

Alberto Stasi oggi si prepara ad uscire dal carcere per lavorare

È detenuto dal 2015 a Bollate, dove sta scontando la condanna definitiva a 16 anni di reclusione per avere ucciso la fidanzata Chiara Poggi nella sua casa a Garlasco, nel 2017. Per lui sarebbero quindi maturi i tempi per la richiesta di lavoro all’esterno del carcere.

«Ci stiamo attivando su questo, anche se non è facile, perché ci vuole un datore di lavoro motivato, vista l’attenzione mediatica che continua ad esserci su questa vicenda. Insomma, serve una soluzione che sia rispettosa nei confronti di Stasi e di chi lavorerebbe con lui. Tuttavia confidiamo nella richiesta». Lo ha confermato l’avvocato Panciroli. (Continua a leggere dopo la foto)

stasi processo alla stalker

Stasi in realtà lavora in carcere già da diversi anni. Fa il centralinista per una cooperativa che gestisce il call center delle compagnie di energia elettrica all’interno del carcere. A breve potrebbe chiedere di poter lavorare addirittura fuori dal penitenziario. Lui è un condannato che si è sempre professato innocente e che per due volte si è visto respingere le istanze che chiedevano la revisione del processo.

L’amarezza della famiglia di Chiara Poggi: «Siamo noi che abbiamo ricevuto l’ergastolo»

Comprensibile l’amarezza della famiglia Poggi per questa notizia. «La giustizia tutela più i detenuti rispetto alle famiglie delle vittime», così la mamma di Chiara Poggi al settimanale Giallo.

«Cosa posso dire? Forse è un po’ presto per fare iniziare a uscire questa persona, che alla fine è stata condannata per avere ucciso mia figlia, ma d’altronde la giustizia tutela maggiormente i detenuti, rispetto alla famiglia delle vittime.» «Siamo noi che abbiamo ricevuto l’ergastolo – ha aggiunto la signora Rita Preda – in fin dei conti. Tuttavia se le regole sono queste, dobbiamo accettarle».

Genitori di Chiara Poggi

La travagliata vicenda giudiziaria di Alberto Stasi: condannato dopo due assoluzioni

Stasi ha da poco compiuto 38 anni, si trova nel carcere di Bollate (Milano) dal dicembre del 2015. Prima arrestato per omicidio il 24 settembre 2007, fu poi scarcerato dopo pochi giorni per insufficienza di prove. Scelse di essere processato con rito abbreviato (che concede all’imputato lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna) e fu assolto sia in primo che in secondo grado. Nel 2013 però la Corte di Cassazione annullò la sentenza di assoluzione e dispose le analisi del Dna su un capello trovato tra le mani della vittima e su altre tracce biologiche repertate sotto le sue unghie. Sebbene la Suprema Corte avesse ribadito la difficoltà di “pervenire a un risultato, di assoluzione o di condanna, contrassegnato da coerenza, credibilità e ragionevolezza”, e che quindi fosse “impossibile condannare o assolvere Alberto Stasi”, i giudici non confermarono il proscioglimento.

Foto tratta dal settimanale Giallo

La svolta arrivò con il nuovo processo d’Appello, nel 2014, in seguito alla perizia sulla camminata di Stasi all’interno della villetta del delitto. Anche se in assenza di riscontri nei succitati test del Dna, Alberto Stasi fu condannato a 24 anni di reclusione. Pena ridotta a 16 anni in virtù del rito abbreviato. Sebbene quindi la difesa e la Procura avessero chiesto l’annullamento della sentenza, il 12 dicembre 2015 la Cassazione confermò la condanna a 16 anni. Un delitto che, nonostante numerosi processi, ad oggi non ha ancora un movente. Potrebbe interessarti anche —> Alberto Stasi ha avuto un complice? L’inquietante indiscrezione in una nota dei Carabinieri: «Indagini lacunose»