«Ho deciso di parlare per dare un senso a questa esperienza, perché certe cose non dovrebbero più accadere. Se una persona vive delle esperienze come quella che ho vissuto io questa deve essere resa pubblica, a disposizione di tutti, e visto che ho la possibilità di parlare lo faccio, così che le persone capiscano, possano riflettere e anche decidere, se il sistema che c’è va bene oppure se è opportuno cambiare qualche cosa». Comincia così la prima intervista televisiva di Alberto Stasi. L’ha concessa a distanza di sette anni dal suo arresto per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, ai microfoni de «Le Iene», che ha dedicato una puntata intera al delitto di Garlasco.
Alberto Stasi: «Sono innocente, alla sera quando mi corico non ho nulla da rimproverarmi»
Nell’intervista a «Le Iene» che andrà in onda stasera Stasi ha parlato di molti aspetti del processo. Ancora una volta si è dichiarato innocente: «Quando mi chiedono se ho ucciso io Chiara penso che non sanno di cosa stanno parlando. Nell’immaginario comune un innocente in carcere è un qualcuno che soffre all’ennesima potenza. Per me non lo è, semplicemente perché la mia coscienza è leggera. Alla sera quando mi corico io non ho nulla da rimproverarmi. Certo, ti senti privato di una parte di vita perché togliere la libertà a una persona innocente è violenza, però non hai nulla da rimproverarti, l’hai subita e basta, non è colpa tua». A proposito delle indagini Stasi ha detto: «Sono passati 15 anni ma in quegli anni i Ris di Parma erano un po’ mitizzati. La sera la gente guardava la televisione e li vedeva risolvere i delitti più complicati nel tempo di un episodio. Scoprire che in realtà le persone venivano portate in carcere sulla base di test che non distinguevano il sangue da una barbabietola, illuminava una situazione che si pensava diversa».
Ecco cosa vorrebbe dire ai giudici che l’hanno condannato
C’è andato giù pesante il fidanzato di Chiara Poggi: «Ecco perché dico che quel momento fu come un punto di non ritorno: non si trattava più di svolgere un’indagine ma si trattava di salvare la propria carriera, la propria reputazione. Questo poi ha comportato tutta una serie di conseguenze, di inerzie, di incapacità di tornare indietro. Per ammettere i propri sbagli bisogna avere coraggio, carattere. Il Pm non è mai andato a dire ‘Questo provvedimento era prematuro’, perché poi l’accertamento definitivo risultava, appunto, negativo». Alla domanda “Cosa vorrebbe dire ai giudici che lo hanno condannato”, Stasi ha risposto: «Non saprei perché sono, in qualche modo, e in negativo, i protagonisti di questa vicenda. È difficile arrivare alla mente e al cuore di quelle persone. Il loro non è un mestiere banale, ha conseguenze sulla vita delle persone, come un medico in sala operatoria. Ci sono lavori che non comportano queste responsabilità, altri invece sì. Se si decide di intraprendere un certo lavoro, una certa carriera, deve essere fatto in modo coscienzioso perché poi anche lì entrano dinamiche normali, di lavoro. La carriera, l’ambizione, il posto in un’altra sede, tutte cose che non dovrebbero avere nulla a che fare con la giustizia». Leggi anche l’articolo —> Alberto Stasi si prepara ad uscire dal carcere per lavorare: l’amarezza della madre di Chiara