Totale senso di abbandono e di inadeguatezza: questo è ciò che hanno dovuto provare due genitori a causa della mancata professionalità di un ospedale. “Il 13 maggio un medico mi ha detto che il mio bambino doveva essere trasferito in un’altra struttura perché si era diffuso un batterio che avrebbe potuto colpirlo”. Il loro calvario è iniziato così. Una lotta che ancora oggi non si è conclusa. “Il 15 maggio, il telefono ha squillato. Io e il mio compagno abbiamo ricevuto una chiamata che ha stravolto le nostre vite”. Il loro bambino, nell’ospedale di Verona, era stato infettato da un batterio killer: il Citrobacter.
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Batterio killer a Verona, la testimonianza di una mamma
A raccontare la sua testimonianza diretta è la mamma di un bambino nato prematuro il 30 aprile nel reparto di Terapia intensiva neonata dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento a Verona. Solamente 13 giorni dopo la sua nascita, i genitori ricevono una chiamata da parte dell’ospedale. Il piccolo è stato infettato dal Citrobacter. Si tratta di un batterio killer che solo negli ultimi anni ha causato almeno 4 decessi tra i neonati, e altri 9 hanno sviluppato delle gravi patologie. Una notizia che sconvolge l’intera famiglia, convinta che il proprio bambino fosse al sicuro tra le mura ospedaliere. “Da come mi hanno spiegato, mi hanno fatto credere che mio figlio fosse sano. Che lo trasferivano solo per proteggerlo, in via precauzionale. Poi il 15 maggio il telefono ha squillato.
Io e il mio compagno abbiamo ricevuto la chiamata che ha stravolto le nostre vite. Il nostro piccolo era stato infettato dal Citrobacter, che può comportare gravissime conseguenze alla salute e, in alcuni casi, può persino condurre alla morte”. Il bambino, solamente due giorni prima, era stato trasferito all’ospedale Sacro Cuore di Negrar, ma da come i medici avevano informato la madre sembrava per motivi precauzionali. Invece non era così.
Batterio killer a Verona, la madre:”Dall’ospedale hanno sempre tenuto la bocca chiusa”
“Mi sono messa a piangere. E poco mi importava che i medici continuassero a rassicurarmi, a ripetermi che le condizioni di mio figlio non erano critiche”, ha raccontato la mamma in una lettera inviata a La Stampa. “All’ospedale di Borgo Trento è rimasto ricoverato per due settimane vicino ad altri quattro bambini e in tutto quel tempo nessuno ha detto nulla. Solo una mamma, il 12 maggio, dopo che sua figlia era stata trasferita, mi aveva parlato di un batterio. Ma dall’ospedale hanno sempre tenuto la bocca chiusa. Come si fa a non comunicare ai genitori una situazione del genere? A fare finta di nulla quando di casi ce n’erano già stati? E alcuni bambini erano anche morti? Io, da mamma e da paziente, continuo a chiedermelo. E non trovo risposte. Non riesco a comprendere come si possa mettere in pericolo la salute dei neonati in questo modo”.
Un batterio causato dal mancato rispetto delle misure d’igiene
Il legale dei genitori si subito è attivato per presentare una querela in Procura per lesioni ed epidemia colposa contro l’ospedale. Il Citrobacter, infatti, pare si sia annidato in un rubinetto dell’acqua utilizzata dal personale. Stando a quanto emerso fino a ora, grazie all’intervento della commissione esterna, il batterio killer avrebbe colonizzato il rubinetto a causa di un mancato o parziale rispetto delle misure d’igiene.
Il 22 maggio il bambino è stato dimesso. Da allora si sono susseguite una serie di visite e tamponi, tutti ancora positivi. “Ogni settimana torniamo a fare il tampone. Un tampone che continua a essere positivo. E’ un calvario. Oggi ci arriveranno gli ennesimi risultati e io, a Dio, rivolgo solo una preghiera. Non so quale sarà la sorte di mio figlio, se il virus ha intaccato o intaccherà il cervello. Nessuno mi spiega nulla. So solo che ha subito dei danni, ma ancora non so se temporanei o permanenti. E lui continua a piangere, come a chiedere aiuto. Un aiuto che io non posso dargli”. >>Tutte le notizie di UrbanPost