Se ne è parlato a lungo, il cosiddetto “Bonus mamme” era annunciato già da novembre ed era inserito nella legge di Bilancio 2024. Finalmente, ora, una Circolare dell’Inps ha sbloccato lo sconto sui contributi previdenziali, che era “saltato” nel mese di gennaio. Ecco dunque cosa prevede la misura per le mamme lavoratrici e che si accompagna al bonus asilo nido. (Continua a leggere dopo la foto)
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Ritardi e arretrati: sbloccato il bonus
In molti casi, svolgono di fatto un doppio lavoro: l’impiego professionale e l’attività di cura dei figli – si spera di concerto con i mariti – sicché la misura che ora approfondiremo può risultare molto utile. Lo sgravio che non è partito questo gennaio, dovuto a dei ritardi nei calcoli dell’Inps, comunque non andrà perso: le lavoratrici hanno infatti diritto all’intero importo calcolato a partire dal primo gennaio 2024 e tutti gli arretrati dunque saranno erogati con le prossime buste paga. La ratio della norma è di aumentare il reddito delle madri lavoratrici, aumentando la busta paga grazie alla decontribuzione: sarà direttamente il datore di lavoro a applicare la sforbiciata ai contributi, con la trasformazione della quota tagliata in aumento dello stipendio lordo. L’erogazione del bonus verrà effettuata dopo che il datore di lavoro avrà comunicato i dati all’Inps. La lavoratrice ha anche la possibilità di comunicare direttamente all’Istituto di previdenza le informazioni con i codici fiscali dei figli. (Continua a leggere dopo la foto)
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I requisiti
Il Bonus mamme è subordinato a differenti requisiti. Non è strutturale, ma ha limiti temporali ben definiti: vediamo, dunque, a chi è destinata e in quali termini. La cosiddetta “decontribuzione delle madri” prevede che le lavoratrici con almeno due figli siano esentate dal pagamento dei contributi a carico del lavoratore. Di conseguenza, lo Stato coprirà questa parte dei contributi, alleviando così il peso finanziario sulle madri che lavorano: per i periodi di paga dall’1 gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 a favore delle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato – fatti salvi i rapporti di lavoro domestico e i lavori con contratti a termine – viene riconosciuto un esonero del 100% della quota dei contributi previdenziali nell’arco, dunque, di 36 mesi ovvero tre anni. Invece, il periodo di decontribuzione per le madri lavoratrici con due figli sarà di dodici mesi, ovvero fino al 31 dicembre 2024. (Continua a leggere dopo la foto)
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A quanto ammonta la decontribuzione? Le simulazioni
In generale, le aliquote contributive per i lavoratori dipendenti prevedono il 33% del reddito, di cui il 23,81% è versato dal datore di lavoro e il restante 9,19% è a carico del lavoratore dipendente, sicché ne consegue che la lavoratrice vedrà un aumento del 9,19% sull’importo lordo soggetto a contributi previdenziali. In accordo con i calcoli dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, la decontribuzione per le madri lavoratrici corrisponderà a circa 1.700 euro annui di aumenti in busta paga. Tra le destinatarie del provvedimento, il 57% rientra nella fascia con meno di 35mila euro, laddove il restante 43% è destinato a chi vanti retribuzioni superiori. Stando ad alcuni esempi riportati da Il Sole 24 Ore considerando una lavoratrice che al primo gennaio 2024 sia madre di tre figli e il più piccolo compia il diciottesimo anno di età il 19 ottobre 2025, l’esonero verrà applicato fino a ottobre 2025. (Continua a leggere dopo la foto)
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“L’inverno demografico”
È anche un modo di supportare la natalità alla luce del drammatico crollo demografico, come ha comunicato l’esecutivo. È, infatti, per “vincere l’inverno demografico”, nelle parole della stessa presidente del Consiglio, che è stata concepita. l’Ufficio parlamentare di Bilancio stima un costo per l’erario di circa 450 milioni di euro
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