Carlo Verdone compie 70 anni e il minimo che possiamo fare è festeggiarlo, rendergli omaggio, ricordando i suoi straordinari film. I personaggi scritti e interpretati da lui hanno rappresentato (e rappresentano ancora oggi) molti dei vizi e delle virtù degli italiani, senza però scadere nella caricatura, passeggiando semmai sul sentiero del paradosso. Figlio di un critico cinematografico, che arrivò a bocciarlo all’esame (proprio lui studente modello, riuscito a laurearsi col massimo dei voti in Lettere Moderne alla Sapienza e a diplomarsi in regia al Centro sperimentale di cinematografia di Roma) Verdone è riuscito a deliziare il palato del pubblico con una carrellata di personaggi memorabili: dal bullo Enzo che, in partenza con l’amico Sergio per un viaggio in Polonia, si ritrova all’ospedale per un malore di questi in Bianco Rosso e Verdone; al bambinone Mimmo, affezionatissimo a sua nonna, a cui prestò volto e voce l’indimenticabile Sora Lella, che tornò ad affiancare Verdone in Acqua e Sapone.
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Carlo Verdone 70 anni di successi, i migliori film: a portargli fortuna un’intuizione della nonna
Ce ne ha regalati di personaggi Carlo Verdone, facendo suo l’insegnamento di Cesare Zavattini, che diceva che «il banale non esiste»: come dimenticare il logorroico Furio Zoccano, in viaggio per andare a votare con i figli e la disperata moglie Magda; il bugiardo venditore porta a porta Sergio che cerca di far colpo su Nadia, interpretata da Eleonora Giorgi in Borotalco; l’imbranato Carlo Piergentili, il quale scorrazza come un cagnolino dietro la consanguinea Silvia, alias Ornella Muti, che ne combina una al giorno nel film di Io e mia sorella. E ancora: il coatto Ivano che sposa la coetanea Jessica con cui entra in crisi però già durante la luna di miele in Viaggi di Nozze; il professore universitario di Storia dell’Arte Callisto Cagnato, finto perbenista che frequenta prostitute, in “Grande, grosso e… Verdone”. Aveva meno di vent’anni Carlo Verdone quando cominciò ad accostarsi alla regia: la sua prima cinepresa gli viene venduta dall’amica di famiglia Isabella Rossellini. Il debutto, quarant’anni fa, nel 1980, con “Un sacco bello”, dove Verdone tra i tanti si trova ad interpretare Ruggero, un hippie convinto di aver avuto una crisi mistica che vive in una comunità in Umbria dove si professa l’amore libero.
Cos’è il cinema? «Tic, difetti, mitomanie, megalomanie, inadeguatezze, fragilità della gente comune»
In una recente intervista, concessa a ‘Formiche.Net’ gli è stato chiesto di descrivere cosa sia per lui il cinema e Verdone senza pensarci su ha detto: «Tic, difetti, mitomanie, megalomanie, inadeguatezze, fragilità della gente comune». Ma nei suoi film c’è anche tanta poesia: basterebbe solo citare il balletto finale dei protagonisti in un campo di grano sulle note di “Acqua e sapone” degli Stadio o la scena del cimitero nel film “Un sacco bello” in cui Mimmo e la nonna lasciano un fiore sulla tomba di ogni defunto. Tra i suoi maestri Pietro Germi, il primo Fellini, Pietrangeli, alcuni film di Risi. Alla domanda “Costretto a portare con sé solo tre film, quali sceglierebbe e perché?”, il 70enne romano ha detto con disincanto: «“La dolce vita”, perché fu un affresco autentico e coraggioso di un periodo storico e sociale in grande mutamento. “Ordet”, perché fu un film di una carica spirituale senza pari. Austero, rigoroso e misterioso. “L’ultimo spettacolo”, per la immensa poesia della solitudine di un America disperata nella noia, senza veri valori».
Carlo Verdone 70 anni di ricordi: la curiosità sulla data di nascita, aneddoto curioso
Immaginava il giovane Carlo di arrivare a realizzare tutto questo? Le premesse perché accadesse c’erano tutte. Era curioso, appassionato di musica straniera perlopiù, divoratore di libri. Grande osservatore della realtà anche oggi, è rimasto quell’umile ragazzo pieno di talento. Qualche giorno fa Carlo Verdone ha ironizzato anche sulla sua data di nascita: «Ormai si sapeva che doveva avvenire in novembre, ma tutti avevano una gran paura che capitasse il 17 che era un venerdì. Mese dei morti in più 17, numero nefasto, più venerdì, giorno della morte di Cristo. Le probabilità sono scarse diceva la levatrice, signora Pazzaglini. E invece, colpo di scena, nasco il giorno che non desideravano. E fu così che ci fu una riunione in famiglia per addolcire quella “negatività”. Mia nonna Fernanda consigliò di aggiungere al Carlo, il Gregorio. Quindi, il mio vero nome è Carlo Gregorio Verdone. E questo perché nella Roma popolare il nome Gregorio è associato al sedere. Chi “ha sedere” è ovviamente fortunato. Alla fine credo che l’intuizione di mia nonna mi abbia realmente giovato, fino ad ora, nella vita». Leggi anche l’articolo —> Carlo Verdone, intervento chirurgico: «Non potevo più camminare, impazzivo dal dolore»