Boss mafiosi scarcerati. Non si parla d’altro in queste ore nelle anticamere dei palazzi della politica, dopo le accuse del magistrato Nino Di Matteo al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Il Pm antimafia palermitano afferma che il guardasigilli l’avrebbe fatto fuori dalla nomina a capo del Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, a seguito delle “pressioni” di alcuni boss mafiosi. Accuse gravissime, che hanno causato prima la sdegnata replica del ministro, quindi un putiferio di reazioni politiche. Ma Di Matteo anche oggi conferma, mentre dall’opposizione si leva un coro che chiede le dimissioni di Bonafede. Ma è davvero andata come sostiene Di Matteo?
Boss mafiosi scarcerati: il “silenzio” del Dap e l’allarme di procure e Commissione antimafia
La nomina di Di Matteo al Dap sarebbe dovuta andare in porto nel 2018, quando di Coronavirus non si parlava nemmeno lontanamente. E nemmeno di scarcerazioni facili, che ricordiamo, sono comunque una competenza dei magistrati di sorveglianza e non dei direttori delle carceri il cui parere è comunque spesso decisivo per l’esito delle istanze presentate. Poi è arrivato il Coronavirus e con lo scoppio dell’epidemia, la rivolta nelle carceri. Subito, a pochi giorni dalla dichiarazione dell’emergenza sanitaria. Quindi ecco il “fioccare” delle istanze di scarcerazione e la richiesta di arresti domiciliari per questioni di salute. Tra quelle fatte da detenuti “normali”, anche centinaia di richieste da parte di condannati reclusi per associazione mafiosa, tra cui alcuni “boss” di peso, giudicati ancora pericolosi della informative dell’Antimafia.
Detto fatto. Negli ultimi due giorni abbiamo appreso che i boss scarcerati per motivi di salute (rischio di contagio per Coronavirus) sono 376. E in questa lista ci sono “personaggi” di peso, coinvolti in vicende gravissime, alcune oscure. E ci sono autentici capi mafia, capaci, secondo gli investigatori, di riprendere le fila dei propri contatti una volta tornati dal carcere ai domiciliari. Di più, il dimissionario capo del Dap, Francesco Basentini, pur più volte sollecitato dalla Commissione parlamentare antimafia, avrebbe fornito la lista dei boss scarcerati solo lo scorso mercoledì. Un grave ritardo che ha irritato non poco i membri della Commissione. Intanto le procure di mezza Italia sono in allarme: i magistrati delle Dda si tengono pronti ad intervenire.
La lista dei 376 boss mafiosi scarcerati per rischio Coronavirus
Ma veniamo alla lista dei 376 boss mafiosi scarcerati per rischio Coronavirus. Alcuni nomi sono stati elencati, uno per uno, nel corso della trasmissione “Non è L’Arena” di Massimo Giletti. Proprio in quell’occasione il Pm Di Matteo fece le sue accuse a Bonafede. Non facciamo tutti i nomi, ma con l’aiuto della nostra memoria storica vi diciamo quelli che le procure di mezza Italia giudicano ancora pericolosi.
Tra questi ci sono Pasquale Zagaria, 60 anni, boss della camorra; appartiene al temuto clan dei “Casalesi”, uno dei più feroci e influenti della mafia campana, ed è fratello dell’altrettanto noto Michele Zagaria “Capastorta”, condannato all’ergastolo, in carcere da 11 anni. Pasquale Zagaria è considerato dagli inquirenti la “mente economica” del clan dei “Casalesi”. Non è detenuto qualsiasi non solo per la parentela. Lui stesso sta scontando una condanna definitiva a 20 anni ed era detenuto al 41bis, il carcere “duro” previsto per i reati di mafia. Gli sono stati concessi i domiciliari perché considerato a rischio, per via di un recente tumore.
Tra gli scarcerati c’è poi Francesco Bonura, considerato dagli inquirenti un “luogotenente” di Bernardo Provenzano, storico boss della cupola di Cosa nostra siciliana. 78 anni, anche lui era detenuto al 41bis e sta scontando una pena definitiva a 23 anni di carcere. Torniamo alla camorra, perché tra chi è finito ai domiciliari per rischio Coronavirus c’è anche Renato Piccolo, uno dei più temuti affiliati dei “Casalesi”, già arrestato nel 2011 e condannato in via definitiva nel 2018 a 8 anni per estorsione. Quindi c’è Carmelo Terranova, boss mafioso di Siracusa, che era detenuto all’ergastolo per tre omicidi. Tra gli scarcerati “eccellenti” c’è anche Rocco Santo Filippone, ‘ndranghetista legato alle cosche della Piana di Gioia Tauro. E se qui non si tratta di un uomo d’azione, si tratta comunque di un personaggio molto importante. Filippone infatti, secondo gli inquirenti è stato l’uomo di collegamento tra ‘ndrangheta e Cosa nostra nella trattativa Stato-mafia, processo in cui è uno dei teste più importanti.
Finiamo con una carrellata di altri boss tornati ai domiciliari per l’emergenza Coronavirus. Ad alcuni potranno sembrare nomi di secondo piano ma si tratta comunque di personaggi di elevata caratura criminale, la cui scarcerazione per le procure rappresenta un serio pericolo. Giosuè Belgiorno, ad esempio, sicario della camorra affiliato al clan Amato, condannato a 20 anni di carcere per omicidio. Poi c’è Vincenzo Iannazzo, rampollo a capo dell’omonima cosca di ‘Ndrangheta egemone a Lamezia Terme. Quindi ancora gli ‘ndranghetisti Francesco Manno, detenuto nel carcere di Opera da 17 anni per omicidio, e Domenico Perre, da 22 anni in carcere per il sequestro dell’imprenditrice milanese Alessandra Sgarella. Ma l’elenco più temuto è quello “riservato”, in queste ore sul tavolo del ministro della Giustizia Bonafede. Oltre 200 nomi, alcuni da far saltare sulla sedia (già traballante) il ministro, dicono i ben informati. Vi terremo aggiornati. >> Tutte le notizie dall’Italia