Non sarà semplice garantire il rispetto delle nuove norme imposte dal provvedimento firmato questa notte dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal ministro della Salute Roberto Fontana. Per ogni sindaco, prefetto e titolare di un’Azienda di unità sanitaria locale, infatti, si è presentato il problema di assicurare il minor numero possibile di trasgressioni, per collaborare nel tentativo di contenere la diffusione del coronavirus.
Coronavirus, il monitoraggio dei prefetti
La minaccia del coronavirus non è ancora contenuta. Per questo motivo le misure imposte dal nuovo decreto contro la diffusione del Covid-19 sono ancora più severe e devono assolutamente essere rispettate. A verificare che non avvengano violazioni, saranno prima di tutto i prefetti. Secondo l’ultimo Dpcm (decreto presidente del Consiglio dei ministri), infatti, i prefetti sono indicati come responsabili del monitoraggio delle norme sul territorio. Già su questo, però, è nato un primo dubbio: che cosa significa monitoraggio? Per alcuni, è più necessaria un’opera quotidiana di dialogo con le autorità locali, a cominciare dal sindaco.
Sul decreto, si legge: “Il prefetto territorialmente competente, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure di cui l’Articolo 1, nonché monitora l’attuazione delle restanti misure da parte delle amministrazioni competenti. Il prefetto, ove occorre, si avvale delle forze di polizia, con il possibile concorso del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché delle forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali, dandone comunicazione al Presidente della regione e della provincia autonoma interessata”.
Coronavirus, la fragilità dei controlli
I primi cittadini, infatti, sono autorità sanitarie nel loro comune. Hanno una posizione di rilievo nella filiera con le Ausl, la Regione e il ministero della Salute. Per questo bisogna conoscere le misure adottate dai sindaci a cominciare dalle ordinanze. A quel punto, poi, intervengono i prefetti, che hanno il compito di verificare che i primi cittadini rispondano alle leggi. Se i prefetti riescono a dialogare costantemente con i sindaci della provincia, l’eventualità di misure comunali non in linea con le direttive nazionali si riduce notoriamente. In un quadro perfetto, però, se il rapporto tra le due autorità è efficace, escono allo scoperto i limiti di un sistema amministrativo non solido dovuto alla scarsità di risorse che pesa su molti comuni. E quindi, a chi tocca vigilare sull’osservanza da parte dei singoli cittadini delle norme contro l’epidemia?
Coronavirus, il ruolo delle forze dell’ordine
Il compito di verificare il rispetto delle norme viene riconosciuto alle forze dell’ordine, quindi alle polizie locali. Profili di pubblica sicurezza e di ordine pubblico, soprattutto quelli più ampi e rischiosi, impongono invece l’azione di Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza, coordinati da prefetto e questore. Questa, però, è la teoria. Nella pratica bisogna considerare anche il clima d’emergenza, il panico e le risorse finanziare ridotte che hanno provocato il ridimensionamento in termini di numeri e di mezzi delle municipali. In alcuni centri urbani delle zone rosse, infatti, ora il numero di vigili urbani dovrebbe essere il quadruplo degli effettivi per contrastare ogni violazione delle procedure di sicurezza sanitaria. Ma la mobilitazione è su decisione del sindaco, e non sempre è possibile predisporre il numero adatto di organico.
Lo stesso vale per poliziotti, carabinieri e finanziari, i quali hanno già incarichi molto precisi. Risulta quindi complicato dirottarli in via ordinaria solamente sui controlli e le sanzioni per chi vìola le disposizioni contro la diffusione del coronavirus. In questo contesto poco chiaro, il rischio più concreto è che ci sia un rimpallo tra le autorità, fino al mancato controllo effettivo del rispetto delle norme. Anche una sanzione troppo severa, del resto, diventa controproducente, così come il mancato intervento.