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Coronavirus Dpcm Conte, Cassese: “I pieni poteri non sono legittimi”

14/04/2020 20:49

Quella contro il coronavirus è stata definita spesso una guerra. Ma il coronavirus non è un vero nemico: è un parassita, non sta combattendo contro di noi. La ripresa delle terminologie belliche serve per influenzare il nostro modo di vedere il mondo e quindi di comportarci all’interno di esso. Per farci rendere conto del pericolo. La pandemia, però, non è una guerra. E per questo si sono creati molti dubbi sulla costituzionalità dei Dpcm sul coronavirus di Conte che, di fatto, hanno ridimensionato le libertà fondamentali.

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Coronavirus Dpcm Conte, lo stato d’emergenza

Le analogie tra una pandemia e una guerra sono diverse: c’è l’incremento anomalo dei morti, la rottura delle routine passate, l’improvvisa scarsità di alcuni servizi e il crollo dell’economia. In questo caso, quello del coronavirus, però, non ci sono schieramenti contrapposti, le Nazioni vivono tutte la stessa situazione, non c’è odio. Se la guerra è caos, questa situazione è stabilità. Non c’è un vero nemico. Allora perché emanare lo stato d’emergenza e limitare le libertà fondamentali? La delibera del 31/01/2020 è nata a seguito delle dichiarazioni dell’OMS e dei primi due casi riscontrati in Italia. Di fatto, lo stato di emergenza è previsto dalla legge 225 del 24 febbraio 1992 che prevede che venga emanata la delibera da parte del Governo in casi eccezionali.

Più precisamente, nell’articolo si legge: “Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualià ed alla natura degli eventi”. Per avviare la delibera devono esserci però delle condizioni: “Calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”. Quindi, si può dire che la difesa del diritto alla salute prevale su libertà quali quella di circolare e spostarsi liberamente.

Il Capo del governo è stato autorizzato con un decreto legge, adottato in via d’urgenza, a mettere in campo tutte le misure necessaire a contrastare la diffusione del coronavirus. Questa conversione del decreto legge da parte del Parlamento assicura sufficiente base legale, almeno da un punto di vista formale, alle imposizioni ordinate dal Presidente del Consiglio. Il decreto legge indica un elenco di disposizioni limitative della libertà personale che possono essere adottate dal Capo del governo, ma allo stesso tempo lo autorizza ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica. Non ci sono dubbi sul fatto che l’adozione delle misure restrittive delle libertà sia stata ordinata in vista della salvaguardia della salute individuale e pubblica.

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Coronavirus Dpcm Conte, Cassese: “Una pandemia non è una guerra”

Il Dpcm emanato il 4 marzo, però, appariva troppo generico e sfornito di un adeguato supporto scientifico, per questo da alcuni è stato additato di incostituzionalità. Tra gli altri, a sottolinearlo è stato anche Sabino Cassese, professore e giudice emerito della Corte costituzionale. Durante un’intervista rilasciata a Il Dubbio, ha dichiarato: “Nell’interpretazione della Costituzione non si può giocare con le parole. Una pandemia non è una guerra. Non si può quindi ricorrere all’articolo 78. La Costituzione è chiara. La profilassi internazionale spetta esclusivamente allo Stato ( art. 117, II comma, lettera q).

Lo Stato agisce con leggi- continua- che possono delegare al governo compiti e definirne i poteri. La Corte costituzionale, con un’abbondante giurisprudenza, ha definito i modi di esercizio del potere di ordinanza “contingibile e urgente”, cioè per eventi non prevedibili e che richiedono interventi immediati. Le definizioni della Corte sono state rispettate a metà. Il primo decreto legge era “fuori legge”. Poi è stato corretto il tiro, con il secondo decreto legge, che smentiva il primo, abrogandolo quasi interamente. Questa non è responsabilità della politica, ma di chi è incaricato degli affari giuridici e legislativi. C’è taluno che ha persino dubitato che abbiano fatto studi di giurisprudenza”.

Cassese, poi, nell’intervista continua spiegando che “il primo decreto legge era illegittimo: non fissava un termine; non tipizzava poteri, perché conteneva una elencazione esemplificativa, così consentendo l’adozione di atti innominati; non stabiliva le modalità di esercizio dei poteri. A Palazzo Chigi c’è un professore di diritto: avrebbe dovuto bocciare chi gli portava alla firma un provvedimento di quel tipo. Poi si è rimediato. Ma continua la serie di norme incomprensibili, scritte male, contraddittorie, piene di rinvii ad altre norme. Non c’è fretta che spieghi questo pessimo andamento, tutto imputabile agli uffici di Palazzo Chigi incaricati dell’attività normativa”.

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Cassese: “Ci si è avvicinarsi all’usurpazione dei poteri”

Secondo alcuni, quindi, il governo non ha rispettato il dettato costituzionale, avendo attribuito con un decreto legge a un proprio componente il potere di limitare con atti amministrativi le libertà costituzionali, che possono trovare limiti solo in atti legislativi parlamentari. Questo lo sottolinea anche Cassese, che sostiene ci sia stato un abuso “dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri“, quando invece bisognava “ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali. Aggiungo che, per la legge del 1978 sul Servizio Sanitario Nazionale, competente a emanare più della metà di quegli atti era il ministro della Salute.

Abbiamo, quindi, assistito, da un lato, alla centralizzazione di un potere che era del ministro, nelle mani del presidente del Consiglio. Dall’altro, a una sottrazione di un potere che sarebbe stato ben più autorevole, se esercitato con atti presidenziali. È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati“.

Il garante più alto della Costituzione è il presidente della Repubblica. Nel nostro caso, quindi Sergio Mattarella. Dopo di lui gli organi di garanzia più diretti sono il Parlamento e la Corte Costituzionale. Come spiega Cassese nell’intervista, però, “quest’ultima, salvo casi eccezionali, interviene necessariamente ex post. Parlamento e Presidente della Repubblica, invece, collaborano nella funzione normativa, in modi diversi. Ma ne sono sembrati esclusi, per ragioni e con modalità diverse, senza neppure il motivo dell’urgenza, perché l’uno e l’altro organo hanno corsie preferenziali o di emergenza”, conclude il giurista. Insomma, questo metodo sembra macchiarsi di alcune ombre, ma una cosa è certa: lo scopo finale è quello di tutelare la salute pubblica. >>Tutte le notizie di UrbanPost