Coronavirus in Lombardia, il governo nelle prime fasi dell’epidemia ha “tentennato” sulla zona rossa a Bergamo, una delle aree poi più duramente colpite. Lo afferma il presidente lombardo Attilio Fontana in un’intervista comparsa oggi sul quotidiano La Verità. “C’è stato un sì-no, sì-no per due o tre giorni, poi si è deciso per la zona arancione, e cioè protetta, in tutta la Lombardia. Niente zona rossa su Bergamo”, ha detto.
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“La zona rossa stava dando risultati molto positivi a Codogno”
“Quando hanno detto no alla chiusura dei comuni della Bergamasca – ha detto Fontana a La Verità – non ho perso la pazienza perché sembrava che volessero la zona rossa per tutta la regione. Il provvedimento che il governo stava per prendere andava verso quella direzione. Se ne era parlato a lungo, ne avevano discusso i nostri tecnici con quelli di Palazzo Chigi, pure loro ritenevano valida la richiesta, anche perché su Codogno la zona rossa stava dando risultati molto positivi. C’è
stato un sì-no, sì-no per due o tre giorni, poi si è deciso per la zona arancione, e cioè protetta, in tutta la Lombardia. Niente zona rossa su Bergamo”.
Coronavirus in Lombardia, Fontana: “Non potevo fare zona rossa perché non ho la competenza”
“Io – spiega Fontana – non potevo fare la zona rossa perché non ho la competenza ma anche se avessi fatto un provvedimento ai limiti della legittimità, come lo facevo eseguire? Non ho a disposizione polizia, esercito e carabinieri per far rispettare una zona rossa così vasta. Oltretutto sono stato colto di sorpresa. Ero convinto che quella sera sarebbe stata disposta la zona rossa perché mi arrivavano telefonate
dal territorio, c’erano molti militari che alloggiavano negli alberghi lì attorno quindi ero praticamente convinto che ci sarebbe stato il provvedimento. Forse erano lì per quello, ma poi qualcuno ha dato disposizioni diverse”.
Secondo il sindaco di Bergamo la regione non è stata all’altezza di gestire la pandemia
Il sindaco di Bergamo ha detto che la Regione non è stata e non è all’altezza di gestire la pandemia. “Se è per le proteste dei medici di base – replica Fontana – condivido la loro rabbia, perché non hanno ricevuto i presidi che erano necessari per
poter lavorare, e lo dico dal primo giorno. Le mascherine dovevano essere fornite dalla Protezione civile e quindi dal governo e quindi dallo Stato”.
Quanto alle polemiche sui tamponi, il governatore lombardo osserva, “è una questione molto complicata. Anche se riuscissimo a farne 7mila al giorno invece che
5mila non sarebbero significativi per impostare il discorso epidemiologico. Oltretutto il tampone è valido un solo giorno. Avrebbe senso se io potessi tenere sotto controllo un’intera popolazione, se potessi fare tutti i giorni un milione di tamponi. Il resto sono chiacchiere”. >> Tutte le notizie sul Coronavirus