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Coronavirus, Giuseppe Remuzzi: «I nuovi positivi non sono più contagiosi!»

19/06/2020 09:28

Le ricerche sul Coronavirus iniziano a portare una speranza in più. In un’intervista a Il Corriere della Sera Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”,  ha spiegato come i nuovi positivi al Covid-19 non siano più contagiosi. Remuzzi parla dei risultati di uno studio dell’istituto e spiega al quotidiano la questione, che potrebbe avere grandi ripercussioni se la scoperta fosse confermata.

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giuseppe remuzzi coronavirus

Coronavirus, Giuseppe Remuzzi

Il professore Giuseppe Remuzzi prova a spiegare nel modo più semplice possibile come funziona la carica virale e come vanno interpretati i dati. «Per la ricerca del virus si usa la tecnica della reazione a catena della polimerasi (Pcr), in grado di amplificare alcuni specifici frammenti di Dna in un campione biologico. Per il Covid-19, funziona così. Il genoma del coronavirus presente sui tamponi, ovvero l’Rna, viene trascritto a Dna e amplificato mediante tecnica Pcr, che aumenta enormemente il materiale genetico di partenza. Più elevato è il contenuto sul tampone di Rna, quindi di virus, e meno dovrà essere amplificato». Lo studio condotto dall’Istituto si è basato su un campione di circa 400 persone di cui 40 sono risultate positive.

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Chiudere la Lombardia?

«Ma la positività di questi tamponi emergeva solo con cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, che corrispondono a meno di diecimila copie di Rna virale». In poche parole il professor Remuzzi spiega: «Sono casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa. Li chiamiamo contagi, ma sono persone positive al tampone. Commentare quei dati che vengono forniti ogni giorno è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale».

In questi giorni si sta parlando della possibilità di richiudere la Lombardia visto che ha il 70/80 % dei nuovi contagi. Il professor Remuzzi non crede che sia necessario. «Ma per carità. Piuttosto, l’Istituto superiore della Sanità e il governo devono rendersi conto di quanto e come è cambiata la situazione da quel 20 febbraio ormai lontano. E devono comunicare di conseguenza. Altrimenti, si contribuisce, magari in modo involontario, a diffondere paura ingiustificata». >> Tutte le notizie sul Coronavirus