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Coronavirus lingua dei segni, ecco qual è il concetto più difficile da tradurre sul piano emotivo

09/04/2020 08:56

È diventato popolarissimo e spaventoso nell’arco di poche ore, eppure stiamo imparando a convivere con questo nuovo termine, oltre che con questa nuova malattia: ma come si rende la parola coronavirus nella lingua dei segni? A spiegare le difficoltà di quella che tiene a precisare essere una lingua – e non un linguaggio – è Chiara Sipione, presidente regionale dell’Associazione interpreti di lingua dei segni (Anios), al Corriere del Veneto. È lei che affianca, ormai dal 25 marzo scorso, il Presidente Luca Zaia nelle dirette Facebook dalla sede della Protezione civile di Marghera in cui il governatore aggiorna i cittadini sull’emergenza sanitaria.

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Coronavirus, lingua dei segni: «È abbastanza difficile spiegarlo»

«“Coronavirus” è un neologismo, – puntualizza la Sipione al Corriere del Venetoè abbastanza difficile spiegarlo a parole. I video lo mostrano». La difficoltà sale quando si tratta di tradurre i concetti di Zaia che, nell’esprimersi, utilizza parecchi modi di dire tipici del territorio: «La traduzione – dice Chiara, docente agli istituti Besta di Treviso e Itc di Vedelago – non è solo il passaggio da una lingua a un’altra ma anche da una cultura a un’altra. Alcune sue espressioni o modi di dire non si usano nella comunità sorda e quindi bisogna mettere in atto alcune strategie per poter passare il concetto». Solo una richiesta da parte della traduttrice al presidente, quella di moderare la velocità.

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Il concetto emotivamente più difficile?

Non solo segni nella traduzione, molto importanti sono infatti anche le espressioni del viso: «Fanno parte della grammatica della lingua, – spiega la Sipionesenza non avremmo le frasi interrogative o le ipotetiche. Le domande si esprimono corrugando oppure alzando le sopracciglia a seconda se la domanda sia aperta o chiusa». E saranno proprio le espressioni del viso ad aiutare Chiara a comunicare, un giorno, che l’emergenza sarà finita: come lo farà? «Dipende da come la dirà lui (Zaia, ndr). Se esulterà lo farò anch’io, ovviamente con le espressioni del viso. Se invece lo dirà in modo asettico seguirò il suo stile». Per ora, su una cosa sembra non avere dubbi: il concetto emotivamente più difficile da tradurre? «Sicuramente – ammette la traduttrice – l’aspetto delle case di riposo, perché in quelle strutture ci sono le persone più deboli».

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