Le dimissioni di Luigi Di Maio erano nell’aria già da tempo. Non stupiscono più di tanto poi se si considera che fra qualche giorno ci saranno le tanto attese elezioni regionali in Emilia Romagna che, probabilmente, definiranno le sorti (e forse la morte) del governo giallo-rosso. Quel governo che proprio Di Maio era contrario a strutturare, ma che per volere di Beppe Grillo poi ha accettato. E ora, tirandosi indietro, sembra essersi voluto mettere da parte qualche secondo prima del disastro, per ripararsi e ripresentarsi successivamente come il salvatore della Patria.
Dimissioni di Luigi Di Maio, coraggio nell’abbandonare il ruolo o paura di essere lasciato fuori?
Le criticità espresse riguardo a Luigi Di Maio sono sempre state tante. Una figura poco carismatica, che è sembrata costantemente non adatta al ruolo che gli si chiedeva di ricoprire. Ma Di Maio è anche un uomo di 33 anni che è già stato vice primo ministro del Consiglio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, degli Affari esteri; è stato il leader di un partito che ha sfiorato la maggioranza assoluta nelle ultime elezioni: insomma, tutto sbagliato non sarà. Però sicuramente non sufficientemente di carattere per reggere le dure leggi della politica, e le volontà del grande capo Beppe Grillo. E quindi a un certo punto ha mollato: perché? Perché un leader non sopravvive alla sconfitta della sua linea politica e quindi Di Maio, come altri prima di lui, ha lasciato la barca prima che affondasse. Forse per ritornare più forte di prima.
Luigi Di Maio non è stato l’unico fallimento del Movimento 5 Stelle. Lo è stata l’idea di considerare il M5S l’ago della bilancia del governo giallo-rosso, scegliendo di volta in volta con chi allearsi pur di stare dentro alla maggioranza, vendendosi come merce al mercato: al miglior offerente. E di questo hanno dovuto rispondere, i grillini, perdendo di giorno in giorno sempre più consensi e contemporaneamente dimostrando l’incapacità di percorrere le linee guida e i dogmi che gli avevano permesso di sedere sulle poltrone dei Palazzoni romani. Insomma: hanno tradito i loro elettori, e Di Maio lo sa. Per questo ora si è tagliato fuori, a pochi giorni dalla presunta tempesta politica, per uscirne il più illeso possibile e, dopo gli Stati Generali, ritornare alla carica.
Luigi Di Maio e Beppe Grillo, è finito l’amore?
In tutto questo, il ruolo di Beppe Grillo qual è? Tra i retroscena c’è anche la classica “telefonata dal bunker”: come rivelato da Simone Cannettieri sul Messaggero, Luigi Di Maio prima di ufficializzare le sue dimissioni ha chiamato Grillo ammettendo di non farcela più, di essere “stanco, deluso, incaz****”, perché “è impossibile andare avanti così”. E poi ha tirato in ballo Alessandro Di Battista, anche lui da sempre contrario alla coalizione del Movimento 5 Stelle con il Partito Democratico: “Potrei fare una cosa con Dibba, un domani”. D’altronde, Di Maio stesso afferma che è finita un’era. E forse intende anche quella del governo giallo-rosso.
Ma chi prenderà il suo posto? Dopo il congresso di marzo, se lo riconquisterà o questa è solamente una manovra per far rientrare sul palco anche Beppe Grillo e, soprattutto, per ricucire i rapporti visto che “qualcosa si è rotto, inutile nascondercelo”? Alcuni sostengono addirittura che il posto sarà occupato dal giornalista Marco Travaglio. O forse a questo punto Alessandro Di Battista, l’uomo in perenne attesa di entrare in campo si convincerà a tornare dall’Iran se la proposta sarà abbastanza allettante. Non dimentichiamoci poi di Roberto Fico. Insomma, è difficile dirlo. Lo scopriremo a breve però, visto che secondo lo statuto del M5s (art. 7, lettera d), in questa fase transitoria il Comitato di garanzia dei pentastellati ha 30 giorni di tempo per indire nuove elezioni interne ed eleggere il nuovo Capo politico del partito.