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Le regioni “rosse” protestano, Speranza: “Conoscete i dati”

06/11/2020 09:15

I presidenti delle regioni “rosse” per Covid protestano i criteri di assegnazione delle regioni alle categorie “giallo”, “arancione” o “rosso”. Continuano le tensioni tra zone “rosse” e “arancioni” e il governo per le decisioni prese nell’ultimo dpcm. Speranza risponde che sono le regioni stesse a fornire i dati dell’andamento del contagio, pertanto è surreale che alcune di queste ignorino la gravità della situazione. Il presidente della regione Calabria intende impugnare l’ordinanza di Speranza davanti al Tar.

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zone rosse protestano

Le regioni “rosse” per Covid protestano e invocano chiarezza

La classificazione delle regioni in tre diverse zone, si sa, non è definitiva: saranno i dati sull’andamento dei contagi a determinare le variazioni “dei colori” delle regioni. Campania, Liguria, Veneto e Toscana sono le principali regioni a rischio che, da zone gialle, potrebbero diventare rosse una volta esaminati i dati della scorsa settimana. Lo scontro stato-regioni è andato avanti tutta la giornata di ieri. Le regioni continuano a invocare chiarezza, accusando il governo di aver preso decisioni basate su dati obsoleti e con poca oggettività.

“Non ho ancora capito come e perché il governo abbia deciso di usare misure diverse per situazioni in fondo molto simili”, ha attaccato il presidente del Piemonte Alberto Cirio. Attilio Fontana, presidente della Lombardia, lamenta di aver saputo del lockdown “con un messaggino mentre Conte era in televisione. E poi parlano di collaborazione”. Anche il presidente della Valle d’Aosta, Eric Lavevaz, invoca chiarezza, mentre il governatore Spirlì, dalla Calabria, minaccia di presentare ricorso al Tar.

«Le costanti interlocuzioni che ho avuto in questi giorni con i membri del Governo e con il commissario Arcuri […] non hanno prodotto alcuna modifica rispetto alla volontà, evidentemente preconcetta, di “chiudere” una regione i cui dati epidemiologici, di fatto, non giustificano alcun lockdown. Soprattutto se confrontati con quelli delle nostre compagne di sventura: Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta”, ha detto Spirlì. “Altre regioni, con dati peggiori dei nostri sono state inoltre inserite nella zona arancione e hanno evitato – e ne sono felice – la chiusura. Non si comprendono, perciò, i criteri scientifici in base ai quali il Governo ha deciso la “vita” o la “morte” di un territorio”. “Attualmente, i posti di area medica occupati sono il 16%, quelli di terapia intensiva raggiungono invece il 6%. La soglia che dovrebbe far scattare la chiusura è del 30%”, critica Spirlì.

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La risposta dell’esecutivo 

La replica del ministro Speranza alle proteste delle regioni è chiara. I dati sono forniti dalle regioni stesse, e il dialogo tra Stato e regioni è costante. Anche Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss, replica, ammettendo che sì, i dati risalgono a dieci giorni fa, ma che c’è “un tempo necessario per stabilizzare” i dati che, comunque, “sono condivisi e validati da 24 settimane con le Regioni”.  Rezza, dall’Iss, conferma la necessità di leggere i dati nella loro interezza. E ricorda: “Se dal nuovo monitoraggio emergerà che altre Regioni hanno un livello d’allerta elevato o alto, possono finire dalla zona gialla a quella arancione o da quella arancione o rossa”. >> Tutte le news di UrbanPost

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