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Fase 2, Ricciardi: «Non è ancora finita. Se le cose vanno male si richiude tutto»

04/05/2020 09:51 - Aggiornamento 04/05/2020 09:56

4 maggio 2020 – Fase 2 all’avvio. Su “Repubblica” Walter Ricciardi, consigliere del ministro alla Salute Roberto Speranza, tra i partecipanti del Comitato tecnico scientifico, mette in guardia gli Italiani: «Non è ancora finita. Dobbiamo avviare un cambiamento culturale per convivere con il Coronavirus». In un’intervista il medico partenopeo ha spiegato che c’è poco da stare tranquilli: «Restiamo in una fase rischiosa, anzi certe regioni sono ancora in piena fase 1. Quindi riapriamo quello che va riaperto come dice il piano, in modo graduale e funzionale alle esigenze del Paese. Per il resto bisogna restare ancora a casa». Fase 2 non è un “libera tutti”, lo abbiamo precisato anche noi più volte, se la curva dei contagi dovesse subire un’impennata, il governo è pronto a chiudere tutto di nuovo. Per capire se le cose si mettono male necessarie almeno “due settimane”: «Questo è il tempo dell’incubazione ma anche dello sviluppo dei primi casi secondari. In quei 15 giorni si vedrà se la malattia torna a diffondersi in modo esponenziale», ha precisato.

fase 2 Ricciardi

Fase 2, Ricciardi: «Non è ancora finita. Se le cose vanno male si richiude tutto»

Non è detto che accada l’irreparabile. Il professor Ricciardi nel corso dell’intervista a ‘Repubblica’ ha elogiato l’atteggiamento degli Italiani: «Ho visto un grande senso di responsabilità da parte loro, quando sono rimasti a casa. Ma non so se nella nuova fase si terrà un comportamento costantemente virtuoso. È naturale e umano che ci siano le deviazioni. Abbiamo ancora bisogno di un cambiamento culturale forte, permanente. Dovremo imparare a comportarci in modo diverso». Il consigliere ‘stigmatizza’ poi, in un certo senso, l’uso della mascherina: «È diventata un talismano, si pensa che basti averla per essere protetti, anche al di là di come la si mette. E invece ci sono documentati effetti collaterali quando viene usata male, o troppe volte male. Questo dispositivo rischia di dare un eccesso di sicurezza, ad esempio di far ridurre le distanze dagli altri, soprattutto negli ambienti chiusi. I rischi derivano dalla manipolazione, dalla tendenza a maneggiarla, abbassarla. Paradossalmente quando la si usa ci si tocca più di frequente il viso e gli occhi!».

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«Il virus si sta specializzando. Ha imparato da alcuni errori dei suoi predecessori»

Ma gli esperti del Comitato Tecnico Scientifico erano d’accordo sull’avvio della fase 2 e le prime riaperture? «Da scienziati abbiamo dato le migliori evidenze alla politica, che ha preso le sue decisioni. Questo è un momento difficile, le scelte riguardo a un Paese che deve ripartire in qualche modo vanno equilibrate con ciò che sappiamo del virus e della sua pericolosità», ha dichiarato il dottor Ricciardi. Del Covid-19 si sa ancora molto poco, ma alcune cose sono chiare: «Si sta specializzando. Ha imparato da alcuni errori dei suoi predecessori. Si diffonde, diversamente ad esempio della Sars, grazie agli asintomatici, quindi prima che la malattia si manifesti, ai lievemente sintomatici, ai casi conclamati e anche a chi è guarito clinicamente, cioè non ha più alcun problema di salute. Non tutti hanno capito che bisogna aggredire complessivamente questi quattro stadi per non farlo circolare», ha spiegato il professore, che parla del Coronavirus come fosse una persona, davvero un nemico in carne e ossa.

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Ricciardi sulla fase 2: «La app non è pronta e non sono stati ancora rafforzati i dipartimenti di prevenzione. Si tratta dei due strumenti necessari per fare il tracing»

La ripartenza dell’Italia passa per motivi economici e psicologici, per questo «per essere tranquilli bisogna seguire il piano di cinque punti del ministro Roberto Speranza. Quello è il cardine ma dobbiamo accelerare sul suo completamento», ha insistito Walter Ricciardi, che ha precisato cosa manca: «Ad esempio la app non è pronta e non sono stati ancora rafforzati i dipartimenti di prevenzione. Si tratta dei due strumenti necessari per fare il tracing, cioè per individuare i malati e soprattutto i loro contatti a rischio. E poi non c’è ancora l’uso esteso e mirato dei test. È vero, si fanno più tamponi ma non in tutte le Regioni, in questa attività bisogna crescere. Sui Covid hospital richiesti dal ministro invece mi sembra che le Regioni siano avanti. Finché non rafforziamo tutti questi aspetti del servizio sanitario la gente deve essere ancora di più responsabile». leggi anche l’articolo —> 4 maggio autocertificazione: il nuovo modello del Viminale da scaricare online da oggi