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Fornitura camici Lombardia, indagato il cognato del governatore Fontana

09/07/2020 12:32

Il cognato del governatore della Lombardia Attilio Fontana, Andrea Dini, titolare della società Dama srl, risulta indagato per il reato di turbata libertà nel procedimento di scelta del contendente in merito all’inchiesta sulla fornitura di camici alla Regione Lombardia durante l’emergenza Coronavirus. I militari del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza ieri sono stati nella sede della Regione per l’acquisizione dei documenti necessari ai fini dell’inchiesta.

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fornitura camici Lombardia

Fornitura camici Lombardia, indagato Andrea Dini

L’indagine, condotta dai pm Paolo Filippini e Luigi Furno sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, ipotizza il reato di turbativa d’asta ed è al momento a carico di ignoti. Con le stesse accuse è indagato anche Filippo Bongiovanni, direttore generale della società Aria, la centrale di acquisti regionale. Secondo quanto riportato dall’Ansa, i due risultano indagati dalla Procura di Milano anche per la fornitura di altro materiale, per un valore di 513 mila euro. Pare siano già stati ascoltati anche l’assessore Raffaele Cattaneo e il presidente di Aria Francesco Ferri.

In merito alla fornitura di camici alla Regione Lombardia durante la fase più acuta dell’emergenza coronavirus, lo scorso 9 giugno la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta per turbativa d’asta. L’ordine della commessa era partito il 16 aprile dalla centrale acquisti della Lombardia, Aria Spa. E la destinataria era una società di abbigliamento, la Dama srl. La stessa che detiene il noto marchio Paul&Shark, società varesina di cui la moglie del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana detiene una quota e che è gestita dal fratello della donna, cognato del governatore, Andrea Dini.

Fontana mascherine

Fornitura camici Lombardia, l’inchiesta

Il 22 maggio, poi, le fatture sono state stornate e l’acquisto è stato trasformato in donazione, rendendo di fatto la fornitura materiale sanitario. Si parla di 75 mila camici e settemila set con calzanti e cappellini. Sulle tempistiche si è interrogata in un primo momento la trasmissione televisiva in onda su Rai 3 Report. Scattata la scintilla, anche la Procura ha posto la sua attenzione sulla questione. Subito ha aperto un’inchiesta nella quale oggi risulta iscritto appunto Andrea Dini, il cognato di Fontana. Dini ha continuamente sostenuto che si tratta di un banale errore da parte di chi era in azienda in quel periodo, e che quando se ne è accorto ha subito tentato di rimediare.

Anche Fontana ha ribadito che la Regione Lombardia ha comprato e si è procurata i camici da tutti coloro che erano in grado di produrli, viste le necessità del momento. In questo modo, entrambi hanno provato a respingere l’ipotesi di un conflitto di interessi, ma al momento la Procura preferisce comunque indagare.

Fontana: “Dama ci ha venduto le forniture al prezzo più basso in assoluto”

“Ogni giorno servivano centinaia di migliaia di mascherine, camici, visiere con urgenze. Quantità che superavano di almeno cento volte (in alcuni casi anche migliaia) le ordinarie necessità di approvvigionamento pre Covid. Tra le tante aziende lombarde che hanno accolto la nostra richiesta di aiuto c’è la Dama Spa. Ha convertito la sua produzione in dispositivo di protezione individuale per medici e operatori sanitari. Tanto che il 14 aprile 2020 erano diversi gli articoli apparsi sui media che riportavano questa notizia positiva. La stessa società si è distinta anche con una una donazione di 60.000 euro sul fondo straordinario per l’emergenza istituito da Regione Lombardia. Ha fornito gratuitamente mascherine e camici ad ospedali e amministrazioni comunali”, aveva spiegato a suo tempo Fontana.

Il governatore aveva poi aggiunto che alla Dama erano stati ordinati 75 mila camici a 6 euro ciascuno, “i più economici”. Poi 7mila set di camice, copricapo e calzari a 9 euro, “il prezzo più basso in assoluto”. “Nell’automatismo della burocrazia, nel rispetto delle norme fiscali e tributarie. L’azienda accompagnava il materiale erogato attraverso regolare fattura stante alla base la volontà di donare il materiale alla Lombardia. Tanto che prima del pagamento della fattura, è stata emessa nota di credito bloccando di fatto qualunque incasso”. A stabilirlo, però, sarà la magistratura. >>Tutte le news di UrbanPost