Sono appena cominciati i funerali di stato dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci. Alle esequie nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli anche il presidente del Consiglio Mario Draghi. Subito dopo la funzione, i due feretri torneranno nei loro comuni di origine: Limbiate, in Lombardia, e Sonnino, nel Lazio. Intanto sono state eseguite ieri le prime autopsie sui cadaveri che hanno escluso l’ipotesi dell’esecuzione. Secondo il governo di Kinshasa, che accusa gli hutu delle Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr), potrebbe essersi trattato di un tentato sequestro “a scopo di estorsione”.
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Attanasio e Iacovacci, oggi i funerali di Stato: i primi risultati dell’autopsia
«È stato straziante accogliere, a fianco del premier Draghi e dei familiari, le salme dei nostri due connazionali, vittime del vile agguato che ha stroncato le loro giovani vite e sconvolto quelle dei loro cari». Queste le parole del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, riferendo alla Camera sull’agguato in Congo. Un atto di omaggio fortemente voluto dal governo quello dei funerali di Stato. Picchetto d’onore per i due “martiri” del nostro paese, brutalmente uccisi, mentre stavano compiendo il loro dovere. “Violenza stupida”, ha detto il Vicario della Città di Roma, che durante la funzione ha definito le due vittime “operatori di pace”.
Intanto sono arrivati i primi risultati dell’autopsia, disposta sui cadaveri dalla Procura di Roma ed eseguita al Policlinico Gemelli. I medici sembrano escludere l’ipotesi dell’esecuzione. Attanasio e Iacovacci sono stati colpiti da due proiettili ciascuno. Non è ancora chiaro se i due italiani siano rimasti o meno vittime del fuoco amico. Attanasio, ferito all’addome, è morto un’ora dopo all’ospedale della missione Onu Monusco di Goma. Iacovacci, che invece è morto sul posto, è stato raggiunto prima da uno sparo nella zona del fianco, poi da un secondo colpo che ha toccato l’avambraccio e la base del collo. Ed proprio è qui che è stato individuato un proiettile di AK-47, un Kalashnikov. Saranno gli esami balistici a chiarire se i corpi siano stati colpiti da vicino o no.
Il vero testimone di quanto accaduto è la guardia di sicurezza del World Food Programme, Mansour Rwagaza
«Dal momento in cui il nostro ambasciatore è stato colpito a quando è arrivato all’ospedale di Goma, dove è morto, sono passati 50 minuti. Un tempo lunghissimo e cruciale in cui forse si sarebbe potuto salvare». Sono le parole di Rocco Leone, direttore del programma Onu del World Food Programme, che si trovava a pochi metri dal convoglio assalito in Congo. A raccontare cosa ha visto Leone il missionario saveriano Franco Bordignon, amico del diplomatico italiano ucciso. «Il convoglio è stato fermato da sei persone armate violente e disorganizzate. Li hanno obbligati tutti a scendere. Mustapha, l’autista, si è rifiutato ed è stato freddato sul posto», ha detto Bordignon riportando le parole di Leone.
Attanasio e il carabiniere Iacovacci sarebbero poi stati obbligati a scendere. Leone, sarebbe rimasto indietro. Il direttore del programma Onu non avrebbe dunque visto nulla. Il vero testimone di quanto accaduto la guardia di sicurezza del World Food Programme, Mansour Rwagaza, ancora ricoverato all’ospedale di Goma, che si è salvato fingendosi morto. Leggi anche l’articolo —> Attentato in Congo, chi c’è dietro? L’ipotesi sulle forze per la liberazione del Ruanda