Il titolo non tragga in inganno. Questo editoriale non ammicca alle tesi negazioniste sul Covid. La maschera di cui parliamo, l’unica che va abbassata in questo disgraziato momento, è quella della politica. Il primo che dovrebbe gettarla è il ministro della Salute Roberto Speranza.
Speranza, sì. Il ministro ancora deve chiarire la sua posizione sulla vicenda dal piano pandemico nazionale non aggiornato e sui tentativi di nascondere l’ormai famoso rapporto negativo dell’Oms Europa sui primi mesi di gestione dalla pandemia, come ha rivelato la trasmissione Rai “Report”. Se non lo ha ancora fatto politicamente, chissà se sarà chiamato a farlo davanti alla Magistratura. Per ora è toccato solo al “capro espiatorio” Ranieri Guerra. E l’Oms insiste con il governo italiano, per “difendere” la sua immunità.
Dopo una sequela di errori – per esser generosi, e non dire “orrori” – un ministro dovrebbe avere il coraggio di farsi da parte. Non è questione di diventare vittima sacrificale di qualcosa, vuol dire rispondere delle proprie azioni, in questo caso soprattutto quelle non compiute. Invece sentiamo dire, giorno dopo giorno, “ci vuole prudenza, non bisogna vanificare i sacrifici fatti sinora”.
Certo che ci vuole prudenza. Con 380 morti al giorno per un virus di cui ancora conosciamo relativamente poco non serve che ce lo ricordi il ministro della Salute. Ma è su quel “non bisogna vanificare i sacrifici fatti sinora” che, onestamente, ci indigniamo. Sacrifici di chi, signor ministro? Non certo i suoi e quelli del governo Conte bis (Draghi è in carica da troppo poco tempo, ma è sulla buona strada anche lui…).
Lei, signor Ministro, ha il coraggio di parlare di sacrifici? Lo vada a dire ai medici e agli infermieri in prima linea nei reparti di terapia intensiva invasi dai malati di Covid. Quei reparti che avevate promesso di potenziare rapidamente, fino quasi a raddoppiarne la capienza a livello nazionale in un anno. Parole vostre, dell’ex commissario all’emergenza Arcuri che un anno fa parlava di “ventilatori” snocciolando numeri un giorno sì e l’altro pure. O forse si riferiva ai ventilatori per combattere la calura, non a quelli polmonari?
I sacrifici sono prima di tutto quelli che sono valsi la vita, quelli dei morti (anche per Covid, per voler essere precisi). Quei 115.937 italiani che da inizio pandemia ci hanno lasciato per sempre. Per loro, se non per tutti per molti di loro, si poteva fare di più. Oltre a dotarsi rapidamente di strutture di emergenza più capienti, si poteva investire sulle cure. Perché gli anticorpi monoclonali in Italia sono stati snobbati? Perché si è puntato da subito solo sui vaccini che – senza entrare in qualsivoglia polemica sulla loro efficacia – non sono una cura per i malati di Covid? Attendiamo risposte dal signor Ministro della Salute.
Un altro che dovrebbe gettare la maschera, anzi “le maschere” che come una cheerleader ha sfoggiato in moltissime e variopinte versioni, è il presunto leader del centrodestra, Matteo Salvini. Sì, quello che fino all’estate scorsa negava l’esistenza di un’emergenza sanitaria, salvo cambiare idea più e più volte nell’arco degli ultimi 10 mesi. Fino ad approdare al governo, con le forze politiche giudicate incapaci fino al giorno prima, con una giravolta europeista degna di un attore comico. E che arriva – è notizia di qualche minuto fa – persino a scavalcare il premier Draghi sul tema della ripartenza, cercando di intestarsi il merito della definizione del piano delle riaperture.
Altri che dovrebbero tirar giù la maschera sono i famosi “esperti”. Molti di loro sono virologi, epidemiologi, medici rianimatori. Quanto esperti non lo sappiamo, se non da qualche curriculum, ma non è questo che mettiamo in dubbio. Ci domandiamo però, perché quelli che parlano di più sono (che caso vero?) quelli meno citati dalla comunità scientifica internazionale? Di sicuro sappiamo che sono esperti nel parlare, spesso a vanvera, affermando tutto e il contrario di tutto. Rileggersi negli archivi delle agenzie di stampa un anno di dichiarazioni dei famigerati “esperti” è un esercizio di sadomasochismo che vi invitiamo ad evitare. E’ possibile che il ministero della Salute, nel pieno di un’emergenza sanitaria, non ponga freno ad una comunicazione schizofrenica, una vera e propria infodemia?
Poi ci sono i presidenti di regione, quelli come Zaia, De Luca, Fontana, Musumeci tanto per farvi capire che non si tratta di un unico colore politico. Gettino la maschera, con la quale nascondono tutte le inefficienze nella gestione della sanità nelle proprie regioni. E la smettano di voler fare di testa propria sulle vaccinazioni, esautorando il commissario all’emergenza Figliuolo. O vogliono forse che si arrivi a rivedere davvero il titolo V della Costituzione?
Infine torno a Mario Draghi. Se vuole davvero una svolta, abbia il coraggio di andare fino in fondo. Perché l’emergenza sanitaria possa finire nel più breve tempo possibile, nomini ministro della Salute un tecnico competente e inattaccabile, ad esempio il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli. Riveda la composizione del Cts, il Comitato tecnico scientifico, lasciando a casa assenteisti e scienziati “opinionisti tv” che sono citati nella comunità scientifica meno di un dottorando.
Se si prolunga lo stato di emergenza, che lo sia per tutti. Non solo per i cittadini che giustamente si adeguano alle restrizioni. Lo sia soprattutto per gli enti locali che si rivelano inefficienti. Se non rispettano gli obiettivi, dal potenziamento delle strutture sanitarie all’erogazione delle vaccinazioni anti Covid, siano subito commissariati, come avviene per gli enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose. Se vi sembra una posizione troppo dura, vi invito a ripensare a quei 115.937 italiani che non ci sono più, perché morti “anche per il Covid”.