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Obbligo Green Pass sul lavoro, picco di certificati di malattia: “È reato al telefono”, chi rischia

16/10/2021 12:25 - Aggiornamento 16/10/2021 12:34

Tempo di tirare le somme dopo il debutto del Green pass obbligatorio sul posto di lavoro. Nel primo giorno si è registrato un picco di certificati per malattia rispetto al venerdì precedente. A fornire i dati il ministro della Pubblica Amministrazione Brunetta che ha rilanciato un dossier dell’Inps. Nel dettaglio si parla del +23,3% alle 12. Da qui il sospetto che alcuni abbiano fatto i furbetti per “temporeggiare”, magari in attesa di vaccinarsi o sperando in un rinvio del premier Draghi. La notizia sta scuotendo l’opinione pubblica. Da qui il monito dell’Ordine dei medici: “Niente certificati al telefono, si concedono solo dopo visita in presenza, come prescrive la legge. E per quelli rilasciati sono state seguite tutte le regole”. 

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Obbligo Green Pass sul lavoro, picco di certificati di malattia: “È reato al telefono”, chi rischia

“La certificazione di malattia a carico del servizio sanitario nazionale è obbligatoria e viene rilasciata anche sulla base di sintomi presentati dai pazienti. I medici si limitano semplicemente a certificare quello che vedono o quello che il paziente dichiara. Ci sono sintomi però che non è possibile constatare, si pensi per esempio a chi dice di avere mal di pancia o giramenti di testa”, le parole a «Il Messaggero» di Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie. Lo stesso ha ricordato: “Il rilascio di certificati non in presenza del paziente ma a distanza è vietato dalla legge, è dunque un reato”.

Sempre «Il Messaggero» ha raccolto le dichiarazioni del presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici Chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) Filippo Anelli. “Se i medici hanno rilasciato i certificati lo hanno fatto seguendo tutte le regole. Il medico deve visitare per forza il paziente e deve fare una valutazione oggettiva. Facciamo comunque un appello a stare molto attenti nel rilasciare i certificati rispettando tutte le norme di legge. Ma questo, ripeto, avviene regolarmente ed è parte integrante della professione”. Poi l’esperto ha rimarcato: “È chiaro che anche il disagio sociale talvolta può determinare uno stato di malattia. Quindi il medico deve valutare con estrema attenzione queste situazioni caso per caso”.

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“Lo diciamo da sempre”, la categoria si difende

“Alcuni casi non si possono indagare con indagini strumentali. A volte si tratta di una patologia che si risolve in un giorno o due. Ecco perché noi diciamo da sempre che per patologie brevi sarebbe meglio un’autocertificazione da parte del paziente”, il commento di Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani (Smi). “Credo che nessuno abbia fatto un certificato compiacente, non permettiamo a nessuno di fare illazioni o di sottendere situazioni che assolutamente non esistono”, ha aggiunto Onotri, difendendo la categoria dei medici. Leggi anche l’articolo —> Obbligo Green Pass sul lavoro, Draghi verso “ritirata strategica”? Il retroscena di Sorgi

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