Avere una formazione adeguata è diventato un requisito fondamentale, se non indispensabile, per accedere a numerosi settori del mondo del lavoro. Il motivo è da individuare anzitutto nel maggior grado di specializzazione necessario per accedere a determinate mansioni; in aggiunta, una costante tendenza alla differenziazione professionale accentua l’importanza di un percorso di studi ‘mirato’ di alto livello, in grado di fornire la preparazione teorica e pratica necessaria a ricoprire un ruolo specifico (di medio-alto profilo).
Di conseguenza, la scelta della facoltà universitaria a cui iscriverti – e, quindi, della laurea da conseguire – dovrebbe basarsi non solo sulle preferenze personali ma anche sulle concrete possibilità di inserirsi successivamente nel mondo del lavoro. Senza trascurare numerosi altri fattori che incidono, da questo punto di vista, sapere quali siano i profili più richiesti rappresenta di certo un buon parametro di riferimento per decidere il tuo futuro accademico e lavorativo.
Naturalmente, l’accesso alla carriera universitaria è subordinato al possesso del diploma di scuola superiore; nel caso fossi indietro con gli studi sul sito accademiastudi.it trovi i migliori corsi di recupero anni scolastici per prendere il diploma e, così, poter accedere a una delle facoltà universitarie più richieste al giorno d’oggi.
Anche il Report di Almalaurea “Condizione occupazionale dei laureati”, presentato a giugno scorso, sottolinea l’importanza di un titolo di studio di livello elevato poiché “all’aumentare del livello del titolo di studio posseduto si riduce il rischio di restare intrappolati nella disoccupazione, anche perché, generalmente, i laureati sono in grado di reagire meglio ai mutamenti del mercato del lavoro, disponendo di strumenti culturali e professionali più adeguati”. Detto ciò vediamo, statistiche alla mano, quali sono le facoltà che offrono maggiori possibilità d’impiego e, di riflesso, le lauree più ‘utili’ per trovare lavoro in Italia.
Informatica e ingegneria le facoltà più ‘appetibili’
Secondo i dati raccolti da Almalaurea, i livelli di disoccupazione più bassi si registrano “tra i laureati dei gruppi medico-sanitario (4,1%), informatica e tecnologie ICT (4,3%), nonché ingegneria industriale e dell’informazione (8,1%)”.
Pertanto, le lauree in ambito medico-sanitario, informatico, tecnologico e ingegneristico industriale garantiscono, in media, un tasso di occupazione superiore al 90% a cinque anni dal conseguimento del titolo. Di contro, le percentuali di disoccupazione più alte “si rilevano nei gruppi arte e design (26,9%), linguistico (23,7%), politico-sociale e comunicazione (19,9%), letterario-umanistico (19,1%) e psicologico (18,9%)”.
Nel complesso, tra coloro i quali nel 2016 hanno completato il percorso di laurea, le percentuali di impiego (per gruppo disciplinare) dopo cinque anni sono:
- Informatica e tecnologie ICT: 98,1%;
- Ingegneria industriale e dell’informazione: 95,7%;
- Medico-sanitario: 94,4%;
- Architettura e ingegneria civile: 90,4%;
- Giuridico: 88,4%;
- Scientifico: 87,2%;
- Agrario-forestale: 86,9%;
- Economico: 86,5%;
- Educazione e formazione: 82,5%;
- Linguistico: 81,2%;
- Politico-sociale e comunicazione: 80,4%;
- Arte e design: 76,5%;
- Letterario-umanistico: 75,6%.
Il dato occupazionale, come si legge nel report, è influenzato in parte dalla percentuale di laureati che hanno cominciato a lavorare prima di concludere il proprio percorso di studi. Da questo punto di vista, la maggior parte dei laureati in ambito medico-sanitario (oltre l’80%) comincia a lavorare solo dopo aver conseguito la laurea; all’altro capo di questo particolare rilievo statistico ci sono i laureati in Scienze motorie e sportive, tra i quali solo il 30% si inserisce nel mondo del lavoro a completamento di un percorso universitario.
Tipologie di impiego post laurea
A un anno dall’ottenimento della laurea, secondo i dati elaborati da Almalaurea, l’11,6% degli occupato è lavoratore autonomo mentre quasi uno su tre (29,8%) ha stipulato un contratto a tempo indeterminato (dato in aumento rispetto alla precedente rilevazione). Il 10% del campione, invece, ha dichiarato di essere stato assunto con contratto formativo mentre il restante 41% ha un contratto non standard.