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Le 5 proposte della Meloni a Conte: il “manuale del perfetto populista”

14/11/2020 17:09 - Aggiornamento 19/02/2024 13:29

“Cchiú pilu pe’ tutti” diceva Cetto La Qualunque, il personaggio inventato da Antonio Albanese e diventato il prototipo cinematografico del perfetto politico populista, un eccesso dietro l’altro. Fiction, finzione cinematografica. Eppure, ad osservare l’attualità politica togliendosi le fette di salame dagli occhi e magari anche un paio di grissini dalle orecchie, di Cetto La Qualunque ne troveremmo più d’uno. Oggi vorrei concentrarmi su una sua emula donna, Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia ha presentato ieri i suoi “5 punti” da sottoporre al premier Giuseppe Conte, rispondendo all’offerta di dialogo arrivata dal capo del governo.

giorgia meloni

Tutto bene? Mica tanto. Prima di tutto la Meloni sono giorni che sbraita dicendo che il governo “non ascolta l’opposizione”, mentre la disponibilità all’ascolto da parte di Conte non è mai venuta a mancare. Forse la Meloni non ricorda cosa affermava questa estate:

  • 29 giugno: “Stato di emergenza? Al Governo pazzi irresponsabili”.
  • 29 luglio: “Non sono negazionista ma in Europa solo noi proroghiamo l’emergenza”.
  • 19 agosto: “L’obiettivo del governo è mantenere la paura per mantenere sé stesso”

Ora Conte. oltre ad esser” signore”, è sicuramente maturato abbastanza politicamente per capire che con queste proposte da parte dell’opposizione lui ha tutto da guadagnarci. Nel senso che si tratta – almeno nel caso della Meloni ma nei prossimi giorni ci occuperemo anche di Salvini – di proposte in perfetto stile populista, alla Cetto La Qualunque, come abbiamo detto o alla “partito dell’ombrello” se preferite (se siete lombardi, capite, per gli altri vige la censura).

Cosa pensava di ottenere la Meloni con l’ennesima sparata contraddittoria. Lei che fino a due mesi fa negava l’emergenza sanitaria in corso, cosa avrebbe di buono (e concretamente realizzabile) da proporre per affrontarla?  Vediamo.

”Noi abbiamo fatto un lavoro estremamente puntuale, serio e delicato di confronto con gli italiani in difficoltà e con le categorie produttive che abbiamo trasformato in proposte estremamente serie che nessuno ha mai fin qui neanche voluto valutare”, si è lamentata ieri Giorgia Meloni.

E vediamole, queste proposte. In pratica si tratta di una valanga di soldi a pioggia, come inizialmente aveva fatto anche il governo Conte, poi corso ai ripari per l’insostenibilità per il bilancio pubblico di misure non mirate alle sole categorie realmente colpite dalla pandemia.

Partiamo dai “ristori”, che secondo la Meloni dovrebbe essere estesi a “tutti coloro che hanno subito una diminuzione del fatturato superiore al 33% tra aprile 2020 e aprile 2019 o nei trimestri marzo-maggio 2020 o giugno-agosto 2020 rispetto agli analoghi trimestri 2019″, ”perché ad
essere danneggiate non sono solamente le attività che hanno subito restrizioni in base ai dpcm di Conte, non sono solo le attività obbligate a chiudere”. Bene, potrebbe anche essere vero. Ma sorgono subito alcune domande: chi certifica il mancato fatturato? Dove trova la Meloni le risorse per coprire un buco che rischia di essere pari a quello di una legge finanziaria?

Il top la Meloni lo raggiunge quando arriva a criticare, giustamente, la logica dei bonus, delle una tantum, ma poi chiede un intervento per la copertura dei costi fissi di tutto il settore delle imprese, da gli artigiani ai commercianti fino ai libero professionisti. Quanti soldi servono e come trovarli, però, non lo dice. Così come non dice come coprire la ”gratuità della Cig” ovvero la copertura dei costi della cassa integrazione che rimangono comunque a carico delle imprese.

Infine dopo aver criticato i bonus a pioggia, riguardo ai lavoratori autonomi, Giorgia Meloni propone l’introduzione di misure di sostegno al reddito. Anche questa proposta, condivisibile nel fine, non è dettagliata chiaramente. Ancora una volta non si dice come reperire le risorse, anzi, l’esposizione della Meloni esaspera ancor di più la contrapposizione tra lavoratori dipendenti ed autonomi.

Ma non è finita qui, perché la Meloni, considerata la grave situazione determinata dall’emergenza sanitaria, propone anche il dimezzamento dell’Iva. Naturalmente senza indicare le coperture. Insomma, “Cchiú pilu pe’ tutti”, e non pago io. >> Gli editoriali su Urbanpost