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L’inquinamento prodotto da internet

21/07/2022 11:00 - Aggiornamento 21/07/2022 22:09

Internet. Basta scrivere questa parola e istintivamente andiamo a  pensare al mondo virtuale. Un mondo prodigioso caratterizzato  dall’istantaneità e dall’accuratezza con le quali troviamo accesso alle  finalità delle nostre innumerevoli ricerche quotidiane.

Come guadagnare su internet

Traffico dati o WiFi, non ha importanza. In qualsiasi momento e in  qualunque parte del mondo riusciamo ad allacciare  connessioni virtuali con chiunque utilizzando semplicemente un  PC o il nostro inseparabile smartphone.

Ma come spesso accade, la realtà è ben diversa, e le subdole  operazioni virtuali che crediamo innocue nascondono

gravissime influenze su tutto ciò che vediamo e  tocchiamo concretamente.

Tutti noi conosciamo i fattori più comuni che generano un ingente  impatto sull’ambiente e sulla crisi climatica che contraddistingue il  nostro tempo. Guidare un determinato tipo di macchina, prendere un  aereo per godersi un week-end romantico a Parigi o il sole delle  Canarie, scegliere il nostro fornitore energetico o il cibo che mangiamo.  Sono solo una serie di attività che possiamo annoverare tra le  operazioni che consciamente compiamo a discapito del patrimonio  naturale, ma quanti arriverebbero a pensare che scaricare, inviare e  visualizzare video, documenti, foto e musica su internet sono tutte  attività che hanno lo stesso tremendo impatto ambientale delle  operazioni precedentemente elencate?

Come scrive Andrea Umbrello su ultimavoce.it, molti potrebbero  rimanere sorpresi, ma internet inquina e inizia a farlo nel preciso  istante in cui rispondete alle vostre email o lasciate partire quelle  lunghissime note audio su WhatsApp. Un motivo in più per evitare di  terrorizzare i vostri amici con messaggi vocali pieni di consonanti

dissonanti, rumori di fondo e con le classiche pause fatte da lunghissimi  “aaahhh… eeehh…”.

I dispositivi digitali delineano il nostro stile di vita quotidiano, ormai,  largamente sorretto e alimentato da una vasta rete di infrastrutture  fisiche, come le reti di trasmissione e i data center. Proprio  quest’ultimi consumano una quantità enorme di elettricità, l’ 80% della  quale attualmente proviene da centrali elettriche a combustibili fossili. Ogni volta che eseguiamo semplici azioni quotidiane come navigare su  internet o utilizzare le App sui nostri telefoni, i dati di navigazione  vengono immediatamente trasferiti dai nostri dispositivi ai server, e, più  dati vengono inviati e archiviati, più elettricità ed energia sono  necessarie.

Ovviamente anche se la quantità di energia consumata a livello  individuale è relativamente bassa, a livello complessivo si stima che il  settore ICT produca circa il 2% delle emissioni di CO2  mondiali. Un dato imponente, equiparabile all’inquinamento concepito  dai carburanti dell’intera industria dell’aviazione.

Per facilitare la compressione di queste dinamiche possiamo dire che i  file e i database di ogni sito Web vengono salvati su un computer  chiamato server, che di solito viene archiviato con migliaia di altri server  all’interno di un edificio high-tech chiamato data center. Ogni volta che  qualcuno apre un sito Web sul proprio dispositivo effettua una  connessione con questo server tramite Internet, e nello stesso momento il server invia una risposta contenente dati che rendono il sito Web  ricercato fruibile sul nostro dispositivo. Il problema è che la stragrande  maggioranza di questi fornitori utilizza data center alimentati da  elettricità, e quindi, sorretti da combustibili fossili.

Utilizziamo internet tutti i giorni, ma perché sono poche le persone  consapevoli di questo problema e delle possibile soluzioni? Purtroppo, come spesso accade, complici di questa condizione  sono le grandi aziende, in questo caso quelle che lavorano nel  settore Tech (GAFAM), come Amazon e Google. Colossi che arrivano a  registrare una capitalizzazione di mercato che oscilla tra i 500 miliardi e i 2 trilioni di dollari. Molte di queste grandi realtà sostengono le più grandi

aziende petrolifere (Shell, BP, Chevron, ExxonMobil, etc.) fornendo loro  nuove tecnologie (AI) con lo scopo di facilitare l’individuazione di nuovi  giacimenti petroliferi e, come più volte denunciato dai grandi movimenti

ambientalisti, arrivando anche a finanziare gruppi negazionisti per  screditare la crisi climatica.

Lo scoppio della pandemia mondiale legata al coronavirus ha ridotto  drasticamente la domanda globale di petrolio e gas. Con l’inevitabile  ascesa della crisi petrolifera, lo scopo di queste collaborazioni  interessa la capacità di rintracciare quanti più giacimenti possibile  aumentando la velocità di estrazione e abbattendo i costi fino alla  distribuzione dei prodotti finiti. È per questo motivo che il supporto  sinergico tra compagnie petrolifere e aziende tecnologiche va a segnare sempre di più ogni singola fase della catena di produzione di petrolio e  del gas.

Più di 10.000 lavoratori di Google, Amazon e Microsoft, hanno  pubblicamente condannato i legami fra i propri datori di lavoro e le  grandi compagnie petrolifere. Questi, non sono certo accordi marginali  se si considera che le previsioni espresse da BloombergNEF dicono  che la spesa delle compagnie petrolifere per l’analisi  tecnologica avanzata aumenterà da 2,5 miliardi di dollari  nel 2020 a 15,7 miliardi entro il 2030, principalmente per scopi  di esplorazione e produzione. Una cifra esorbitante se vagliamo che il  fondo per il clima ideato da Amazon ha un valore che non supera i 2  miliardi, mentre il numero di contratti nelle fasi intermedie e a valle della  produzione di petrolio, concentrandosi su oleodotti, spedizioni e  stoccaggio per le compagnie petrolifere e del gas aumentano  costantemente giorno dopo giorno.

Questo paradosso riguarda tutte le aziende coinvolte. Per esempio,  prendiamo in esame il caso Microsoft e chiediamoci come possa  veramente raggiungere il suo obbiettivo recentemente dichiarato e  chiamato “Carbon Negative” se lo stesso colosso americano vanta la maggior parte dei contratti con le compagnie petrolifere e del gas,  offrendo capacità di intelligenza artificiale in tutte le fasi della produzione di petrolio.

A questo punto, cosa dovremmo fare? Dovremmo forse smettere di utilizzare uno degli strumenti più efficaci del nostro secolo? Impensabile. Internet è una finestra sul mondo oltre che, in molti casi, un elemento  essenziale per numerose attività lavorative e sociali. Tutti conosciamo le difficoltà relative ad una fruizione di internet consapevole e  coscienziosa, ma pochi conoscono le reali conseguenze che si  nascondono dietro all’utilizzo del Web. Quello che occorre fare è  apprendere queste conseguenze.

Hai mai pensato che eliminando le App che non utilizziamo da mesi,  annullando l’iscrizione a inutili newsletter mai lette e  cestinando email inutilmente finite archiviate potresti contribuire  sensibilmente all’arresto del riscaldamento globale, all’assottigliamento  dello stato di ozono e alla salvaguardia della fauna selvatica? Ora che sai di più sull’inquinamento digitale è tempo di agire,  perché esiste un equilibrio tra l’ambiente naturale e quello  digitale e non possiamo più permetterci di ignorarlo.