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Marco Vannini 5 anni fa lasciato morire dopo una lunga agonia: ancora non si conosce il perché

18/05/2020 16:29 - Aggiornamento 18/05/2020 16:45

Marco Vannini 5 anni fa la morte: il 18 maggio 2015, il cuore del bagnino di Cerveteri cessava di battere. Dopo oltre tre ore di agonia. Un caso ancora aperto che vede da una parte una famiglia – quella Vannini – afflitta e lacerata dal dolore per l’immensa perdita, che ancora attende giustizia. Dall’altra un processo da rifare e un’altra famiglia, quella Ciontoli, in procinto di trovarsi ancora una volta al banco degli imputati.

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Marco Vannini moriva cinque anni fa dopo ore di agonia e non si sa ancora il perché

Una ferita lacerante e ancora aperta, quella dei Vannini. Come ricorda la redazione online di Quarto Grado, “Il cuore di Marco Vannini ha smesso di battere alle 3,10 del mattino del 18 maggio 2015. Un anniversario che in casa Vannini non si vorrebbe ricordare: ‘Oggi è una brutta giornata’ ha detto a QuartoGrado mamma Marina. ‘Ma a darmi conforto è il grande sostegno della gente, che si stringe sempre attorno a noi’. Al cimitero di Cerveteri moltissimi fiori, giunti oggi da tutta Italia; così tanti da doverli spostare anche nella chiesa limitrofa”.

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L’ultima volta che mamma Marina l’ha visto in vita: parole strazianti

Rimbalzano da una testata giornalistica all’altra le parole pronunciate da mamma Marina in queste ore. Parole così tristi che solo una giustizia ‘giusta’ potrebbe forse confortare. «È uscito di casa bello come il sole, poi non lo abbiamo più visto», così la donna a Il Messaggero, «L’ultima cena con noi il 16 maggio di quell’anno, visto che poi era andato a dormire con la fidanzata Martina perché l’indomani si sarebbe dovuto alzare presto. Lavorava come bagnino in uno stabilimento di Ladispoli. Anche il giorno seguente si è intrattenuto dai Ciontoli. Già i Ciontoli, la famiglia che ce lo ha portato via senza darci una sola possibilità di poterlo salvare». Cosa la sera del 17 maggio sia successo in casa Ciontoli è ancora un mistero. Perché qualcuno abbia impugnato un’arma da fuoco carica e sparato a bruciapelo colpendo il giovane alla spalla, non è dato sapersi. Ma soprattutto tre processi non sono stati in grado di chiarire la dinamica dei fatti. La speranza è che l’Appello bis disposto dalla Cassazione, la cui prima udienza è stata fissata per il prossimo 8 luglio, possa finalmente fare chiarezza e determinare una volta per tutte la responsabilità di ogni membro della famiglia Ciontoli e non solo del capofamiglia Antonio, che di quello sparo si è assunto la responsabilità. Leggi anche l’intervista esclusiva di UrbanPost al professor Meluzzi sul caso Vannini-Ciontoli: Ciontoli nuovo processo, Meluzzi: «Viola Giorgini possibile anello debole del sistema di menzogna»