Da introvabili a sovrabbondanti, le tanto richieste mascherine di protezione dal coronavirus hanno generato un giro d’affari incredibile: ma sono davvero efficaci quelle che si trovano in commercio? Di fronte alla scelta del dispositivo – già obbligatorio in alcune regioni, presto indispensabile in alcuni luoghi – si rimane un po’ perplessi sul tipo di mascherina da preferire. Usa e getta, lavabili, in tessuto non tessuto, l’offerta di dispositivi di protezione si è moltiplicata: ma corrisponde effettivamente a ciò di cui abbiamo bisogno per limitare il contagio da Covid-19?
Mascherine davvero efficaci? La risposta del Politecnico di Torino
A fornire una risposta all’interrogativo è il Politecnico di Torino in cui, dallo scoppio della pandemia, è stato attivato un laboratorio per l’analisi delle mascherine: non solo le chirurgiche e le ormai note ffp2 ed ffp3, ma anche quelle usate dalla gente comune per proteggersi quotidianamente dal virus. Il proliferare di aziende che hanno convertito la produzione in mascherine – per tenere viva l’attività – ha fatto innalzare anche la richiesta di analisi per il laboratorio. Specie da parte di imprese del territorio piemontese. Le stesse che hanno preso parte ai bandi pubblici per fornire i dispositivi ai cittadini attraverso il servizio sanitario. Tra questi, la gara indetta da Scr (Società di committenza regionale del Piemonte) per un accordo da 5 milioni di euro di mascherine, fino a settembre 2020.
Necessario metodo riconosciuto per marchio di qualità
Purtroppo, però, i risultati dei test non sono stati quelli sperati: otto prodotti su dieci, analizzati dai laboratori del Politecnico di Torino, non hanno passato neppure i primi step. E sono gli stessi prodotti che presto potrebbero arrivare nelle nostre case proprio per mezzo del servizio nazionale. È dunque urgente correre ai ripari. “Abbiamo avviato un dialogo con l’Uni, l’ente di normazione italiano, – ha spiegato Paolo Tronville, docente di ingegneria industriale della task force di esperti del Politecnico – per elaborare un metodo di prova riconosciuto, utile a concedere un marchio di qualità ai prodotti che raggiungono buoni livelli di efficienza. Potrebbe essere utile anche alle aziende che vogliono indicazioni per realizzare prodotti di qualità”. In questo, però, anche il governo deve fare la propria parte senza dare autorizzazioni a prodotti privi di requisiti minimi. >> Fase 2 attività motoria, mascherina controproducente: «Si rischia di andare in alcalosi»