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Montepaschi di nuovo in primo piano: tra strategie bancarie e spinte politiche

04/06/2025 18:36

L’inchiesta di Report ricostruisce il contesto e i movimenti dietro l’operazione MPS-Mediobanca.

MPS al centro di un nuovo disegno

Come si legge anche in questo articolo, la puntata di domenica 1° giugno di Report, firmata da Giorgio Mottola, ha riportato l’attenzione su Monte dei Paschi di Siena, storica banca italiana tornata a svolgere un ruolo chiave nel tentativo – per adesso non ancora andato a buon fine – di scalata a Mediobanca. Il servizio ha tracciato un quadro complesso in cui si intrecciano manovre finanziarie, obiettivi industriali e influenze politiche.

Al centro della ricostruzione, l’idea che la banca senese, guidata da Luigi Lovaglio, possa essere utilizzata come strumento per supportare le posizioni di due importanti azionisti – Caltagirone e Delfin – in una strategia più ampia che coinvolge anche Generali. Il progetto, che sarebbe stato avviato nel 2022, poco dopo il difficile aumento di capitale di MPS, prevedeva di rafforzare la banca e, con essa, la possibilità di condizionare gli equilibri in Mediobanca e nella compagnia assicurativa.

Il contesto favorevole e la possibile influenza su Generali

Secondo Report, l’incremento dei tassi d’interesse ha fornito a MPS le risorse per avere un ruolo più attivo nelle operazioni di consolidamento. I dati 2024 confermano questa ripresa: ricavi per 4 miliardi di euro, con un margine d’interesse pari a 2,3 miliardi. Risultati che rappresentano una netta inversione rispetto alle difficoltà che avevano portato, nel 2017, al salvataggio pubblico da 7,5 miliardi di euro e all’ingresso del Tesoro nel capitale.

L’ipotesi avanzata è che Montepaschi, sostenuta da nuovi alleati e con l’appoggio del Governo, possa diventare una pedina strategica in grado di rafforzare l’influenza su Generali, dove Caltagirone e Delfin sono già soci rilevanti.

Il ruolo del MEF e il collocamento del 2024

Uno snodo cruciale della vicenda è rappresentato dall’operazione di novembre 2024, quando il Ministero dell’Economia ha deciso di cedere una quota del proprio pacchetto azionario in MPS, come richiesto dall’Unione Europea. Il mandato è stato affidato a Banca Akros (gruppo Banco BPM), e secondo quanto ricostruito da Report, l’assegnazione delle azioni sarebbe avvenuta in modo da favorire un gruppo ristretto di soggetti: Caltagirone, Delfin, Anima e Banco BPM stessa.

Un’operazione apparentemente legittima, ma che ha sollevato dubbi poiché la partecipazione sarebbe stata distribuita a pochi investitori, anziché essere collocata sul mercato in modo più ampio. Questo gruppo è lo stesso che ora punta a un ruolo decisivo in Mediobanca.

Prezzi favorevoli e contatti ristretti

Secondo l’ex commissario Consob Luca Enriques, gli investitori coinvolti avrebbero ottenuto le azioni MPS a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle offerte dal mercato in quel momento. Inoltre, un articolo del Financial Times ha rivelato che Unicredit, interessata a partecipare all’operazione, non sarebbe stata ricontattata da Banca Akros.

Questi elementi suggeriscono che il collocamento fosse già indirizzato verso un nucleo definito di soggetti, in sintonia con un disegno politico-finanziario più ampio, che sarebbe stato impostato nei mesi precedenti, con il coinvolgimento diretto di Palazzo Chigi.

Un equilibrio fragile

Uno degli aspetti più delicati riguarda la vigilanza bancaria europea. Caltagirone e Delfin, in quanto soggetti industriali privi di licenza bancaria, non potrebbero acquisire direttamente il controllo di un gruppo come Mediobanca, sottoposto alla supervisione della BCE. Affiancarsi a Montepaschi – dove lo Stato è ancora il primo azionista – permetterebbe però di aggirare questo vincolo, costruendo un’operazione indiretta che permetta di ottenere una posizione di forza senza infrangere formalmente i regolamenti.

Lo scenario delineato da Report mostra una strategia articolata, che tuttavia presenta diversi punti critici: il possibile dissenso degli attuali vertici di Mediobanca, il giudizio dei mercati e il controllo delle autorità europee. MPS, ancora una volta, si ritrova al centro di dinamiche complesse: da leva per operazioni più ampie, rischia di tornare protagonista anche di tensioni istituzionali e bancarie.

Non è la prima volta: basti pensare all’acquisizione di Antonveneta nel 2008, che innescò una crisi decennale. Oggi la situazione appare diversa, ma comunque non priva di rischi.

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