È una protesta silenziosa quella del mondo della musica sceso in piazza Duomo a Milano per manifestare contro il Decreto Rilancio. Gli artisti coinvolti nel flashmob di ieri, domenica 21 giugno 2020, chiedono al governo di prendere in considerazione un pacchetto di emendamenti alle disposizioni previste per il settore. Vestiti di nero – il colore del lutto – e con le mascherine, protestano in silenzio, radunati sul sagrato del simbolo di Milano.
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Musica in protesta al Duomo: in silenzio per non restare inascoltati
Rappresentano l’intero mondo dello spettacolo, un ambiente fatto di centinaia di maestranze spesso invisibili di cui i cantanti non sono che la ‘facciata’: dall’elettricista al tecnico del suono, i lavoratori a chiamata sono senza ingaggi dalla fine di febbraio e senza alcuna certezza. Tra le categorie più colpite dall’emergenza coronavirus, chiedono al governo di non rimanere inascoltati. Manuel Agnelli, Levante, l’ultimo vincitore di Sanremo Diodato, Lodo Guenzi de Lo Stato sociale, Cosmo, Ghemon, Saturnino, Giovanni Truppi, solo alcuni degli artisti presenti al flashmob. Tra le richieste avanzate, un’indennità per tutti i lavoratori dello spettacolo finché non sarà possibile una reale ripartenza del settore.
«Vogliamo essere un megafono per tutte quelle persone che dietro le quinte rendono possibile i nostri tour»
«Il mondo della musica va riformato. – ha affermato Manuel Agnelli – Ci sono delle priorità e delle urgenze che vanno risolte». «Il mondo della musica non è stato invitato dal governo agli Stati generali per un confronto sulla ripresa post Covid – ha incalzato Diodato – e questa è una beffa». «Spero che questa iniziativa faccia rumore, – ha proseguito – come il titolo della mia canzone (il brano con cui ha trionfato a Sanremo 2020, nrd) e che faccia arrivare al mondo politico la voce degli artisti e dei lavoratori dello spettacolo musicale. Vogliamo essere un megafono per tutte quelle persone che dietro le quinte rendono possibile i nostri tour». >> Coronavirus, ultime notizie: Brasile supera i 50 mila morti, quasi 9 milioni i casi globali