“Sapete cosa mi hanno fatto? Quelle donne mi hanno bloccato, immobilizzato e mi hanno circonciso. E’ stata un’esperienza molto dolorosa, un dolore mai provato prima”. Sein Paul è una ragazza nata in Tanzania, mutilata all’età di 11 anni. Sein è solamente una delle almeno 200milioni di donne e bambine mutilate nel mondo. Oggi ricorre la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili, e probabilmente ancora non è ben chiaro di cosa si parli quando si pronuncia la parola “infibulazione”.
Mutilazioni femminili, il “rito di purificazione” che tortura le donne
Lo definiscono un “rito di purificazione”: l’infibulazione è una pratica tribale con cui si toglie la possibilità del piacere sessuale nella donna, così da garantire la sua verginità fino al matrimonio e, di seguito, la fedeltà al coniuge. Con una lametta, un paio di forbici o ciò che può essere messo a disposizione, letteralmente le bambine vengono mutilate con l’ablazione del clitoride. Successivamente, in alcuni casi, la vagina viene totalmente cucita, lasciando libero solo un buco grande come una capocchia di un fiammifero per il passaggio delle urine e del flusso mestruale. Per due settimane le gambe della bambina vengono poi legate insieme per evitare che, muovendole, si squarti la cucitura. Molte bambine escono dalla mutilazione con danni neurologici dovuti al dolore; altre muoiono di emorragia dopo l’infibulazione; altre di infezione. Alcune, invece, muoiono di parto, perché il tessuto cicatriziale è così rigido da impedire la nascita del figlio.
Il tutto senza piangere. Gridare e lamentarsi, durante questa vera e propria tortura, è considerato un disonore per la famiglia. Quella dell’infibulazione è una pratica che ha radici lontanissime: secondo la tradizione degli antenati, rappresentava un vantaggio perché il clitoride veniva considerato un organo maschile. Togliendolo, veniva elogiato il carattere femminile della bambina. Oggi, non è altro che una pratica che si posiziona non solo nel campo della discriminazione sessista e dichiarata, ma anche in quello della tortura. Una forma di controllo inaccettabile, che sottomette le donne al proprio uomo superando ogni limite.
Mutilazioni femminili, i numeri sconvolgenti
In Italia sarebbero tra le 61mila e le 80mile le donne e le bambine mutilate, numeri raccolti tramite uno studio dell’Università degli Studi Milano-Bicocca. Ben 91,5 milioni, invece, sono in Africa e in particolare in Costa d’Avorio, dove il 38% di donne e bambine sono state costrette all’infibulazione. Dal 1998, in realtà, una legge punisce tutti coloro che la praticano o si rendono complici della tortura. Dal 2003, inoltre, l’Unione africana ha adottato un protocollo ad hoc per promuovere i diritti delle donne e rendere illegale l’infibulazione in Africa, legge entrata in vigore poi nel 2005.
Nonostante questo, le mutilazioni genitali femminili ci camminano letteralmente accanto: con le migrazioni e la globalizzazione, ovunque andiamo possiamo incontrare una donna che ha subito l’infibulazione. E può venire l’istinto di voltarsi dall’altra parte, quando si sente questa parola, perché sembra rimandarci a mondi talmente lontani dalla nostra cultura che, quasi, sembra inverosimile. Invece i numeri parlano chiaro, e riportano la fotografia di una realtà che esiste, che nonostante le leggi e la brutalità di questa pratica, sopravvive. Nonostante tutto. Ogni anno tre milioni di bambine sotto i 15 anni vengono mutilate: non ci si può voltare dall’altra parte.