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‘Ndrangheta in Toscana: gli affari della cosca Gallace tra droga, lavori stradali e concerie

15/04/2021 16:19 - Aggiornamento 15/04/2021 16:53

‘Ndrangheta in Toscana, è uno spaccato inquietante quello che emerge dalla costola toscana dell’inchiesta della Dda di Catanzaro “Molo 13” che ha scoperto i business milionari della cosca Gallace di Guardavalle (CZ). Dal traffico internazionale di droga fino all’infiltrazione col metodo mafioso dell’economia legale, il ramo toscano dell’inchiesta che ha visto la collaborazione della Dda di Firenze si è dipanato tra Livorno, Pisa e Firenze. Diversi i reati contestati a soggetti di peso della compagine criminale, sfociati in 17 arresti. Tra gli indagati, anche esponenti dirigenti di enti pubblici e politici toscani. (prosegue dopo la foto)

‘Ndrangheta in Toscana: gli affari sporchi della cosca Gallace infiltrata nell’economia legale, 17 arresti

Associazione per delinquere finalizzata all’estorsione, illecita concorrenza con violenza e minaccia, sub-appalto irregolare ed altro. E ancora, associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale. Il tutto aggravato sia dal metodo mafioso che dall’avere agevolato la cosca di ‘ndrangheta Gallace di Guardavalle (Catanzaro). Queste le accuse per i 17 soggetti destinatari di ordinanza di custodia cautelare (12 in carcere, 5 ai domiciliari) emesse dal gip del Tribunale di Firenze, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.

I provvedimenti colpiscono su due distinti piani (imprenditoriale e narcotraffico) soggetti e imprenditori contigui alla cosca Gallace di Guardavalle. Il piccolo centro delle Vallata dello Stilaro è asceso negli ultimi due decenni a fulcro di un’organizzazione criminale capeggiata appunto dai Gallace e composta da altre famiglie tutte legate da vincoli parentali. La cosca ha da lungo tempo stabili ramificazioni in Lazio, Lombardia e, come risultato da questa indagine, anche in Toscana.

Questo nonostante la carcerazione all’ergastolo del capo carismatico della ‘ndrina, Vincenzo, e le numerose operazioni con decine di arresti. Inchieste rese possibili anche grazie alla collaborazione di Antonino Belnome, killer dell’articolazione lombarda della cosca pentitosi nel 2010. Oggi, secondo quanto emerso dall’indagine “Molo 13” coordinata dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, il comando della cosca, dopo l’arresto dei fratelli Bruno e Vincenzo, sarebbe passato in mano a Cosimo Damiano Gallace.

Le complessa indagine condotta dal Ros dei Carabinieri di Firenze e dal comando provinciale dell’Arma di Livorno è strutturata su due filoni convergenti. Il primo (segmento di indagine “Geppo”) è relativo all’ingente approvvigionamento di cocaina da parte della cosca calabrese e la successiva distribuzione in Toscana. In questo contesto è stato arrestato a febbraio un importante latitante della cosca. Si tratta di un soggetto già coinvolto in altre inchieste sul narcotraffico internazionale. Si parla di traffici di cocaina di centinaia di chili alla volta.

Il secondo filone riguarda l’infiltrazione in Toscana della cosca Gallace nel settore del conferimento inerti (segmento di indagine “Calatruria”). Sarebbe stato realizzato attraverso il controllo diretto di una storica azienda mugellana, la Cantini Marino. Secondo la Dda di Firenze l’azienda avrebbe condizionato la concorrenza locale, imponendo la forza criminale della consorteria mafiosa e aggiudicandosi importanti commesse pubbliche a discapito di altre aziende di settore.

'ndrangheta in toscana

La cosca di ‘ndrangheta ha smaltito 8mila tonnellate di rifiuti contaminati sotto la Strada regionale 429

In un filone dell’operazione sono stati eseguiti in Toscana, Calabria e Umbria sei arresti per reati ambientali connessi alla gestione di rifiuti reflui e fanghi industriali prodotti nel distretto conciario tra le province di Firenze e Pisa. Alcuni soggetti a capo dell’Associazione conciatori di Santa Croce (Pisa) erano, secondo gli investigatori, il fulcro decisionale di tutto il sistema indagato. Per l’accusa, le ceneri di risulta dei rifiuti conciari classificati ‘Keu’, altamente inquinanti, sarebbero state miscelate con altri materiali e riutilizzate in attività edilizie. Circa 8.000 tonnellate di rifiuti contaminati sarebbero stati usati nella realizzazione del V lotto della Strada 429.

Questo episodio, chiariscono Forestali e Ros dei Carabinieri che le hanno condotte sul campo, costituisce il collegamento investigativo tra le indagini ‘Keu’ e ‘Calatruria’. Attraverso la ditta mugellana Cantini Marino, infiltrata da esponenti della cosca Gallace, i Ros hanno ricostruito il controllo del movimento terra nell’appalto del lotto V della Strada regionale 429. Attività che sarebbe stata portata avanti con condotte estorsive. Nel contempo i Cc Forestali e i Cc del Nucleo Ecologico accertavano l’utilizzo di ingenti quantitativi di rifiuti contaminati smaltiti abusivamente quale sottofondo o rilevato per le opere realizzate nell’appalto pubblico.