Tre ricoveri, continue fratture, lividi, segni di violenza. Tutto questo non è bastato per far allontanare il piccolo Evan dal nucleo familiare, lo stesso che il 17 agosto lo ha ucciso di botte. Così come non lo sono state le segnalazioni, o l’apertura di un fascicolo contro la mamma, Letizia Spatola, dopo che il bambino lo scorso luglio era arrivato in ospedale con una frattura alla clavicola sinistra. E non era la prima volta. Il piccolo è sempre rimasto al fianco dei suoi carnefici, abbandonato da un sistema che non ha saputo proteggerlo. Per questo i medici decisero di inviare i referti ai carabinieri di Rosolini che, a loro volta, optarono per avviare un’indagine sulla donna. Peccato che l’inchiesta non sia riuscita a impedire l’irreparabile. Letizia Spatola e il suo compagno Salvatore Blanco sono stati arrestati, ma solo dopo l’omicidio di Evan. L’accusa, infatti, è proprio omicidio volontario e maltrattamenti.
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Omicidio di Evan, storia di un bambino abbandonato dai servizi sociali
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il piccolo Evan è stato ucciso di botte il 17 agosto da Salvatore Blanco, il compagno della madre, di fronte ai suoi occhi. Quello è stato l’ultimo di una serie di maltrattamenti che il bambino ha dovuto subire tra le mura di casa. Dall’inchiesta, infatti, emergono molti elementi che avrebbero potuto (e dovuto) fermare prima questo calvario. Occhi neri giustificati con improbabili cadute, fruste artigianali realizzate con cavi elettrici, calci continui, sberle. E ogni volta che la madre era costretta a portarlo in ospedale, le scuse erano le pù disparate. “E’ un bambino iperattivo, sbatte contro i mobili”. O ancora “è caduto dal letto e ha sbattuto lo zigomo”.
La realtà però era molto diversa, e raccontava non solo di una famiglia che è arrivata a uccidere un bambino di 21 mesi, ma anche di un sistema di tutela sociale totalmente assente. Che non ha saputo rispondere ai gridi di allarme.
Il 6 agosto, infatti, il padre di Evan aveva presentato un esposto alla procura di Genova, che tuttavia è stato recapitato solamente dopo il decesso del bambino ai magistrati di Siracusa. C’erano state poi delle sollecitazioni della procura dei Minori di Catania, ma nemmeno quelle erano state raccolte dagli assistenti sociali di Rosolini. Per questi motivi quella di Evan non è solamente (se così si può dire) la terribile storia di un bambino ucciso tra le mura di casa.