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Peppino Impastato, frasi e storia del giornalista ucciso da Cosa Nostra: la metafora dei “100 passi”

09/05/2020 10:42 - Aggiornamento 09/05/2020 11:40

«Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente!», queste le parole del giornalista Peppino Impastato, ucciso dalla Mafia in Sicilia, il 9 maggio 1978. Da allora sono passati già 42 anni. Quello stesso giorno veniva ritrovato il corpo del politico Aldo Moro, freddato dalle Brigate Rosse. Due esempi da non dimenticare. Per questo dal 2007 è stata istituita la Giornata della memoria dedicata alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

peppino impastato

Peppino Impastato, frasi e storia dell’eroe ucciso da Cosa Nostra: la metafora dei “100 passi”

Giuseppe (Peppino) Impastato non era un uomo di Stato, ma ha speso tutta la sua esistenza per lottare strenuamente contro Cosa Nostra. Era nato a Cinisi il 5 gennaio 1948. Apparteneva ad una famiglia che faceva parte del sistema mafioso locale e forse proprio perché l’aveva vissuta dal di dentro aveva capito quanto fosse importante denunciare. Scelse la lotta sin dalla gioventù. E proprio per le sue iniziative politiche e sociali all’insegna della Legalità il padre decise di allontanarlo da casa. Neppure questo fermò Peppino, che fondò “L’idea socialista”, un giornale poi sequestrato, perché ritenuto “scomodo” da persone che a Palermo contavano.

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La fondazione di “Radio Aut” e l’omicidio nel 1978

Nel ’76 la nascita di un’associazione culturale denominata “Musica e cultura” e un anno dopo la fondazione di “Radio Aut”, emittente radiofonica libera, che diventa il canale prediletto di Impastato per denunciare i boss locali, in particolare il capomafia Gaetano Badalamenti. Due anni dopo la volontà di Impastato di candidarsi alle elezioni comunali di Cinisi nella lista di Democrazia Proletaria. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 il giornalista viene però barbaramente trucidato. Col suo cadavere venne inscenato un attentato, proprio per distruggerne pure l’immagine: si voleva far credere fosse un suicidio. Sotto al suo corpo adagiato sui binari della ferrovia una carica di tritolo. Ma il delitto, passato inosservato proprio perché in concomitanza dell’assassinio di Moro, ebbe comunque ridondanza in Sicilia. I suoi concittadini di Cinisi votarono il suo nome eleggendolo simbolicamente nel consiglio comunale.

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Peppino Impastato e il film ‘I cento passi’

Alla vita di Peppino Impastato è dedicato un film magnifico, I cento passi, di Marco Tullio Giordana, con Luigi Lo Cascio nei panni del protagonista. Un lungometraggio che ricostruisce fedelmente la vita del giornalista e l’impegno di questi contro Cosa Nostra. «Tra la casa di Peppino Impastato e quella di Gaetano Badalamenti ci sono cento passi. Li ho consumati per la prima volta in un pomeriggio di gennaio, con uno scirocco gelido che lavava i marciapiedi e gonfiava i vestiti. Mi ricordo un cielo opprimente e la strada bianca che tagliava il paese in tutta la sua lunghezza, dal mare fino alle prime pietre del monte Pecoraro. Cento passi, cento secondi: provai a contarli e pensai a Peppino. A quante volte era passato davanti alle persiane di Don Tano quando ancora non sapeva come sarebbe finita. Pensai a Peppino, con i pugni in tasca, tra quelle case, perduto con i suoi fantasmi. Infine pensai che è facile morire in fondo alla Sicilia». E il Il titolo del film prende il nome proprio dal numero di passi che separa la casa della famiglia Impastato da quella del boss mafioso Gaetano Badalamenti. Una pellicola incentrata sul coraggio, sulla sfida dei giovani che lottano per cambiare quello che non va all’interno di un sistema corrotto. Non un progetto di parte, come erroneamente può pensare qualcuno, ‘I cento passi’ è un film di impegno civile. Ha per protagonista un uomo e le sue idee, i suoi sogni e la sua dignità. La lotta e il coraggio.

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«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà»

Chiudiamo con una riflessione profonda di Peppino Impastato. Una di quelle frasi che oggi i ragazzi avrebbero letto a scuola se non ci fosse stata l’emergenza Covid-19. «Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore». La bellezza, quella vera, ci salverà. leggi anche l’articolo —> Peppino Impastato ucciso dalla Mafia il 9 maggio 1978: il suo ricordo per resistere

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