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Perché i servizi di piatti e posate sono proprio da sei?

14/10/2020 17:40

«Una forte raccomandazione sulle mascherine all’interno delle abitazioni private in presenze di persone non conviventi», così il Premier Giuseppe Conte durante la riunione con gli enti locali. Non un diktat, assolutamente impraticabile, né un divieto vero e proprio quello contenuto nel nuovo dpcm, ma un invito a non organizzare feste tra le mura domestiche. E da che si è parlato di queste famose “sei persone” si è scatenata l’ironia sui social, con tanto di meme e battute al vetriolo. Tra i tanti tweet anche quello di Matteo Salvini: «Non più di sei persone a casa di ciascuno. Perché, sette porta sfortuna? Togliamo la Polizia dalle strade e la trasformiamo in Psico-Polizia per controllare i condominii? Neanche George Orwell sarebbe arrivato a tanto, siamo alla follia, rileggiamoci ‘1984’. #festeprivate», ha tuonato il leader leghista. Un’osservazione neppure troppo originale. Un utente, più carismatico, ha azzardato qualcosa del tipo: «Beh ora sappiamo perché i servizi dei piatti sono da sei». Ma è davvero così? O c’è una ragione particolare?

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servizi piatti da sei

Perché i servizi di piatti e posate sono da sei?

Stoviglia è un termine generico che indica i contenitori a cui facciamo ricorso in cucina per servire il cibo. Tra cui piatti, sottopiatti, tazzine, ciotole e insalatiere. Le posate, invece, stanno ad indicare forchette, coltelli e cucchiai, che impugniamo e impieghiamo a tavola. Chi ci ha introdotti ad utilizzarli? Secondo quanto riportato dal sito “La Tavola” la parola “posate” ha avuto origine verso la fine del XIX secolo. La prima apparizione su carta risale al 1851 nel catalogo ufficiale della Great Exhibition, volta a celebrare le opere dell’industria internazionale. La fiera, alla quale parteciparono sei milioni di persone, tra cui Charles Darwin e Dickens, si svolse presso il Crystal Palace di Hyde Park, in un enorme edificio di Londra progettato proprio per la grande occasione. Tra le tante cose esposte dai 25 paesi invitati un telescopio acromatico e anche le posate. L’utilizzo dell’argento per la fabbricazione di tali utensili venne introdotto dai Romani. Con gli anni la plastica ha sostituito la maggior parte dei materiali da cucina come legno, vetro e metallo, guadagnandosi la popolarità grazie a fattori come peso e costo. Tant’è che anche oggi le posate usa e getta sono tra le più utilizzate al mondo. Qualche curiosità? La cultura napoletana pare vieti di incrociare le posate nel piatto. Non sia mai si rovesci dell’olio, o ancor peggio, del sale sulla tavola, soprattutto se è martedì, o che il pane sia poggiato capovolto. Tra le tante superstizioni una riguarda anche le posate, che non dovrebbero mai essere messe ad ‘X’: tale forma infatti ricorderebbe la Crocifissione, dunque i tormenti subiti da Cristo.

Per il Galateo sono molti di più: ecco il motivo

Ma perché i servizi da tavola sono proprio da 6 o da 12? Per tradizione. Le stoviglie sono organizzate in servizi, da 6, 12 o 24 persone. L’importante è che tutti i pezzi del servizio abbiano in comune materiali, forme, colori e decorazioni. Un servizio di base, ossia quello da utilizzare quotidianamente, è composto in genere da 6 piatti piani, 6 piatti fondi, 6 piatti da antipasto e 6 da dolce. Tuttavia il Galateo, ad esempio, parla di 24 piatti piani, 12 fondi, 24 piatti da frutta, 12 tazze per consumare il brodo, delle ciotole per servire i primi, una zuppiera, dei piatti per proporre i secondi e due contenitori per le salse. Il Galateo dunque introduce anche tutti quei piatti e quei contenitori di “servizio”, per portare in tavola alimenti e condimenti, che non ci troviamo ad usare tutti i giorni. Come si fa ad apparecchiare nel modo giusto? La disposizione delle posate segue uno schema chiaro: per cene di più portate le posate, guardando il menù, vanno messe dall’esterno verso l’interno. Le posate che vengono afferrate con la mano destra vanno a destra, gli utensili per mangiare per la mano sinistra vanno a sinistra del piatto segnaposto. Leggi anche l’articolo —> Coronavirus, Crisanti: «Lockdown a Natale? È nell’ordine delle cose»