Tra le persone che hanno lottato contro il Coronavirus Piero Chiambretti, giornalista e showman, ricoverato d’urgenza lo scorso 15 marzo presso l’ospedale Mauriziano di Torino assieme alla madre Felicita. Dal nosocomio piemontese il 64enne è stato dimesso dopo due settimane, in pigiama e nient’altro, come il sopravvissuto ad un calamità naturale; l’adorata mamma invece non ne è uscita con le gambe sue: il Covid-19 non le ha lasciato scampo. «Questo virus non è uno scherzo, produce una morbo grave, dal quale si viene fuori soltanto se muniti di un fisico sano e se si gode di tanta fortuna. Ecco perché sono spaventato e particolarmente preoccupato», ha detto Piero Chiambretti in un’intervista a ‘Libero Quotidiano’ , rilanciata da ‘Dagospia’.
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Piero Chiambretti, Coronavirus: «Di notte sono assalito dagli incubi, guardo i video girati in corsia»
«Da una parte, mezzo paese sembra non avere contezza della perniciosità di tale male; dall’altra, i provvedimenti messi a punto da esecutivo e comitato tecnico-scientifico si sono dimostrati facili da aggirare. Quando vedo feste di decine di persone in casa o affollate discoteche all’aperto, mi accorgo che qualsiasi regola diventa una lotta contro i mulini a vento», ha proseguito Piero Chiambretti, che poi ha aggiunto: «È ancora assente un profondo senso di responsabilizzazione da parte della società intera, elemento che sarebbe più efficace rispetto a qualsiasi protocollo». A proposito della mascherina il conduttore ha detto: «È un sacrificio portarlo? Macché, il vero sacrificio sarebbe non adoperarlo». Chiambretti non ha nascosto la sua preoccupazione: «Di notte sono ancora assalito dagli incubi. Sogno la mia degenza in ospedale. Eccomi di nuovo lì, smarrito, circondato da medici e infermieri di cui non scorgo neanche gli occhi, dato che sono sigillati nelle loro tute ermetiche». E ancora: «Giravo dei video con il telefonino, scattavo fotografie, intenzionato a documentare quella realtà deformata in cui ero precipitato da un momento all’altro».
«Le mie condizioni erano estremamente critiche. Non mi restava altro da fare che aspettare che il corpo reagisse…»
A ‘Libero Quotidiano’ Piero Chiambretti ha confidato che «almeno una volta alla settimana» visiona «tutto il materiale raccolto, al fine di non dimenticare ciò che succedeva in quelle zone off-limits, poste al margine tra la vita e la morte, che sono i reparti Covid». Se l’è vista brutta il giornalista: «Le mie condizioni erano estremamente critiche. Non mi restava altro da fare che aspettare che il mio corpo reagisse, difendendosi da questa aggressione micidiale. Fortunatamente mi è stato concesso di utilizzare il telefonino, che è stato un elemento di grande sostegno». Un’esperienza quella del Coronavirus che ha cambiato il conduttore: «Sono più forte. Però pure più fragile. Del resto, mi rendo conto che non ci sono le garanzie per compiere programmi a lungo termine, quindi affronto ogni cosa giorno per giorno. Ho acquisito maggiore concretezza». Una grande consolazione? La fede. «Chiedo al Signore che non mi succeda mai più e che questa pandemia possa terminare per tutti», ha concluso Chiambretti. Leggi anche l’articolo —> Piero Chiambretti: «Lavorare una grande medicina. La morte di una madre la fine di un film»