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Rallentare il processo di invecchiamento è possibile? La scienza dice di sì

27/10/2021 07:55 - Aggiornamento 27/10/2021 15:04

Chi di noi non vorrebbe rallentare l’invecchiamento?  È possibile riuscire in questa “impresa”? la scienza parrebbe fornirci risposte affermative. Non stiamo parlando di interventi di filling o chirurgia plastica (si tratta di una scelta personale che riguarda esclusivamente l’aspetto estetico), ma di un percorso che coinvolge le nostre abitudini quotidiane e le nostre scelte consapevoli: alimentazione regolare, pratica sportiva, stile di vita dinamico, ma non solo.

Anche coltivare relazioni sociali sane e lavorare sulla propria interiorità sembrerebbero aspetti fondamentali per migliorare sensibilmente la qualità della propria vita, allontanare il rischio di patologie, accrescere l’aspettativa di vita, rallentando il processo di invecchiamento, è possibile, come suggerisce, ad esempio, il Metodo Ongaro, su base scientifica. Scopriamo insieme quali aspetti sia importante coltivare a fondo, sin dalla giovane età.

1. Migliorare la qualità della vita e rallentare l’invecchiamento con abitudini sane

Pratiche anti- aging per ritardare il processo di invecchiamento, da dove partire?

Ortaggi, frutta, cereali, legumi: la dieta mediterranea

La dieta mediterranea include poca carne e un sensibile apporto di verdure, frutta, cereali (meglio se integrali) e legumi. Questo stile alimentare abbassa il rischio di sviluppare alcune patologie cardiovascolari, neurologiche e ossee. Non solo.

Uno studio ha dimostrato che questo tipo di alimentazione è anche in grado di rallentare l’invecchiamento. Infatti, durante il processo di invecchiamento, tendiamo a perdere cellule cerebrali: ciò ha ricadute sulle nostre capacità cognitive (sulla memoria, sull’apprendimento).

Dallo studio in questione, emergerebbe che gli anziani con un regime alimentare di tipo mediterraneo perdono minor massa cerebrale, rispetto a coetanei che seguono un diverso tipo di alimentazione.

Muoversi, seguire uno stile di vita attivo

Che la sedentarietà faccia male e, al contrario, praticare attività fisica promuova una buona salute è risaputo: muoversi migliora la circolazione, riduce il rischio cardiovascolare, promuove la peristalsi intestinale, stimola il buonumore.

Oltre a ciò, sembrerebbe che l’attività sportiva contribuisca a rallentare l’invecchiamento. In che modo? “Allungando” i telomeri, cioè le parti terminali dei cromosomi, che svolgono la fondamentale funzione di rallentare il deterioramento del nostro DNA, con perdita parziale dell’informazione genetica, processo inevitabile con l’avanzare dell’età e con la moltiplicazione cellulare.

Dunque, da un punto di vista biologico, le persone sedentarie sembrerebbero invecchiare prima (addirittura di 8 anni!) di chi si muove di più, in particolare le donne, come dimostrato dalla suddetto studio dell’American Journal of Epidemiology.

Non solo. Fare sport fa bene anche al cervello. In merito a questo aspetto, da uno studio americano si evince che, durante l’attività fisica, il fegato produce una proteina capace di apportare benefici alle funzioni cerebrali  e di prevenire alcune patologie neurodegenerative caratteristiche dell’età avanzata.

Lo studio è stato condotto su alcuni topi di laboratorio. I benefici derivanti dall’attività motoria sul cervello dipenderebbero dalla proteina Gpld1, prodotta nel fegato e indotta dal movimento, in grado di giungere al cervello tramite il sangue. Gli studiosi hanno dunque identificato un asse fegato-cervello, e dunque una relazione lineare tra attività fisica e benessere cognitivo.

Meditazione: nutrimento per spirito e… telomeri

Riprendiamo il discorso che facevamo poc’anzi sui telomeri, cioè l’”appendice” dei cromosomi. Una ricerca ha evidenziato che chi pratica meditazione con regolarità avrebbe cellule con telomeri lunghi, in grado di vivere di più, e resistere per più tempo.

Inoltre, la meditazione aiuta a conoscere se stessi, a raggiungere un maggior grado di consapevolezza, a sapersi ascoltare meglio: un buon equilibrio psico- emotivo non potrà che essere propedeutico al benessere psichico.

Non isolarsi, ma coltivare le (sane) relazioni sociali

Isolamento e mancanza di relazioni sociali potrebbero essere fattori predittivi di un più rapido declino organco/funzionale. Tuttavia, è preferibile stare soli che intrecciare relazioni tossiche. Infatti, oltre alla solitudine, anche coltivare rapporti malsani potrebbe incidere negativamente sulla risposta immunitaria, rendendo più fragili le proprie difese, soprattutto nelle persone over 60.

Alcuni studi hanno raggiunto i medesimi risultati: la capacità di coltivare nel tempo relazioni sincere e profonde, con un reale scambio sano e costruttivo per la persona, sortiscono risultati brillanti sulla qualità della vita, ancora più che ricchezza e successo (lavorativo soprattutto).

Al contrario, l’impatto a livello di salute di una vita di solitudine o ricca di relazioni insoddisfacenti (anche quelle amicali) sarebbe addirittura peggiore dell’abuso di nicotina e dell’obesità.

Pensiero positivo e ottimismo: accettare il tempo che passa

Come affrontare il tempo che passa? Accettando che passi. Drammatizzare non farà che farci accumulare stress, frustrazione. Contrastare lo scorrere del tempo e le graduali modificazioni del nostro corpo non è la strada migliore. Qualche tempo fa, il Journal of Personality and Social Psychology ha pubblicato uno studio dal quale è emerso come chi vive con serenità lo scorrere del tempo e la propria vecchiaia avrebbe un’aspettativa di vita maggiore rispetto a chi non accetta questo naturale processo, indipendentemente dalle condizioni socio-economiche.