“Ci sono Paesi in cui ancora oggi baciarsi in pubblico è vietato. Molte cose che noi diamo per scontate – come scegliere che musica ascoltare, che libro leggere, cosa studiare, o la libertà di poter giudicare il governo in un post, in un articolo, in una piazza – non sono per niente scontate. Tutti questi sono diritti conquistati, che vanno presidiati, e in gran parte del mondo combattere per questi diritti significa ancora rischiare di morire”. Inizia così un lungo post pubblicato sulla pagina Facebook di Roberto Saviano, divenuto virale in pochissimo tempo. Lo scrittore e giornalista è stato ospite di Fazio a “Che tempo che fa” domenica sera, insieme alla giornalista Nancy Porsia, coraggiosa cronista che da freelance sta raccontando l’orrore dei trafficanti di esseri umani in Libia.
Roberto Saviano: “Gli interessi economici valgono molto di più delle vite umane”
In gran parte del mondo si rischia di morire per difendere i propri diritti, la propria libertà. Sembra una banalità quella ricordata da Roberto Saviano, ma non lo è. Accade praticamente ogni giorno, nel silenzio generale dei grandi media. Emerge qualche storia, nel rumore di fondo dei social e del web alternativo. Ma tutto torna, inevitabilmente come prima, dopo qualche clic sul post. Per questo, crediamo noi, Saviano ha voluto raccontare anche questa storia.
Dicevamo, combattere per i diritti vuol dire rischiare di morire. Dove? Anche “vicino a casa”, anche in paesi che il nostro considera “amici”, per motivi non sempre trasparenti. “Con l’Egitto – dice Saviano – dove ha trovato la morte Giulio Regeni e dove oggi è detenuto Patrick Zaky, l’Italia ha armi spuntate perché gli interessi economici valgono – nel mondo in cui viviamo – molto più delle vite umane e della loro dignità. Lo stesso avviene in Libia, dove per tutelare gli interessi petroliferi, l’Italia finanzia ormai da anni trafficanti di esseri umani”.
“Ieri con me a Che tempo che fa c’era la giornalista freelance Nancy Porsia. È stata la prima – prosegue Saviano – a raccontare chi fosse Bija, il capo della Guardia costiera libica arrestato lo scorso 14 ottobre per traffico di esseri umani e di petrolio. Nancy Porsia ha raccontato, è stata minacciata e isolata. Anzi, è stata minacciata perché isolata. C’è chi, per troppo tempo, ha creduto che ciò che accadeva in Libia non fosse affar nostro. Chi ha pensato questo era in errore. Ciò che accade a Patrick Zaky in Egitto e a chi racconta il destino in Libia di migliaia di profughi ci riguarda, è affare nostro. Affare, nel senso letterale della parola: armi vendute e petrolio importato”.
Così va il mondo, anche perché non facciamo granché per cambiarlo. S’inizia così, raccontandolo senza filtri. E – scusate se è poco – alle volte raccontare questo mondo significa rischiare la propria pelle. >> Le storie di UrbanPost