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Sardine in declino: dalla foto coi Benetton agli insulti social ai dissidenti

08/02/2020 18:17

Cosa sta succedendo alle Sardine? C’è qualcosa di francamente triste all’orizzonte per il movimento che ha (aveva?) acceso una speranza nel deprimente scenario politico italiano di oggi. Possiamo parlare di declino, sicuramente di contrazione di un’onda che aveva dato un impulso notevole all’opinione pubblica addormentata dal tran tran insipido del Conte bis. Ma forse “declino” è una definizione riduttiva. Non guardiamo solo al flop della manifestazione di due giorni fa a Scampia, quando le Sardine si sono trovate in una piazza semivuota. Osserviamo invece la tristezza dei commenti seguiti alle polemiche sull’ormai famigerata foto coi Benetton. E ancor di più al dilagare degli attacchi ai “dissidenti” dalla presunta leadership bolognese, di cui si stanno popolando i social delle Sardine.

sondaggi sardine

Il flop di Scampia è più di un incidente di percorso

Giovedì, a Scampia, le Sardine erano poche decine. Antonella Cerciello, una delle organizzatrici, ha commentato così il flop a Il Fatto Quotidiano: «Qui la realtà è complessa». Secondo il quotidiano milanese ma come confermano anche i numerosi scatti pubblicati sui social, le Sardine davanti alla stazione Piscinola-Scampia della Metropolitana Linea 1 di Napoli, hanno raccolto poche decine di simpatizzanti. Ma se andiamo solo un po’ più a fondo e cerchiamo di capire chi c’era, ecco che è chiaro che non si tratta di un semplice incidente di percorso.

E’ mancato “il popolo”, proprio quello che le Sardine hanno sempre voluto mobilitare contro la cattiva politica delle destre e degli pseudo-sovranisti in salsa italica. A Scampia con le Sardine c’era solo “qualche attivista del Comitato elettorale di Sandro Ruotolo, padre Alex Zanotelli, due operai con le casacchine della Whirlpool e gli ex trotzkisti de La Comune”, scrive Il Fatto. «Probabilmente abbiamo utilizzato una modalità di comunicazione sbagliata», ha detto un altro dei promotori della manifestazione,  Bruno Martirani. «Ma abbiamo incontrato il Gridas ed alcune associazioni e torneremo a Scampia, prima della manifestazione nazionale del 14-15 marzo», ha chiosato.

sardine roma Ogongo

L’auto-espulsione della sardina di Roma Stephen Ogongo

Scampia episodio dunque significativo di un declino appena iniziato ma che rischia di essere piuttosto rapido. Il segnale più inquietante, perché in antitesi con lo spirito che ha fatto nascere le Sardine, sono gli attacchi social ai dissidenti. Spiccano in particolare quelli rivolti a Stephen Ogongo, tra i promotori delle Sardine di Roma e della grande piazza di San Giovanni dello scorso dicembre. Ogongo si è dissociato pubblicamente, si è auto-espulso per la precisione, dalle Sardine di Roma. Perché? Lo ha spiegato a UrbanPost: una parte rilevante del movimento non riconosce l’esistenza di una leadership delle Sardine, il gruppo bolognese in cui spicca Mattia Santori. Ma soprattutto rivendica lo spirito di apertura che ha caratterizzato la piazza romana. Apertura che l’atteggiamento da leader di partito di Santori & co., un verticismo che manco più nel Pd sembrava possibile, manda in frantumi a prescindere.

Ogongo sardine roma

«Le Sardine non sono rappresentate da nessuno – spiega Ogongo – Le Sardine nascono in modo spontaneo e si auto organizzano. Quando ho lanciato le Sardine di Roma non ho chiesto il permesso a Santori & C. Le ho lanciate di mia iniziativa e ho coinvolto le persone che volevano dare una mano. I bolognesi si sono aggregati dopo». Le parole di Ogongo spiegano bene perché la deriva leaderistica delle Sardine può decretare la fine del movimento. «Le Sardine non hanno un rappresentante ufficiale – dice – perché non si tratta di un’organizzazione formale e strutturata per decisione dei fondatori che hanno scelto questo approccio, registrando un marchio, e senza creare una struttura democratica. Se avessero voluto rendere le sardine democratiche avrebbero creato un’associazione formale, aperta a tutti e organizzato le elezioni dei rappresentati. Ad oggi chi ricopre un ruolo da “portavoce” per dire lo fa per il semplice fatto di aver lanciato qualcosa. Nessuno è stato eletto». Infine Ogongo spiega perché si è definito auto-espulso dalle Sardine. «Le domande cruciali in questa fase sono tre: Chi sono le sardine? Chi è legittimato a rappresentarle? Le sardine sono un marchio come vogliono i fondatori? Se le sardine sono un marchio, allora io mi sono auto espulso».

Gli attacchi social a Ogongo

Dopo l’auto-espulsione e l’intervista al Corriere si è però scatenata una reazione preoccupante nei confronti di Ogongo. Un vero e proprio “squadrismo” social a partire dal gruppo facebook Sardine di Roma, creato dello stesso Ogongo, e quindi nel gruppo “6000 Sardine”, che rivendica a sé il ruolo di social ufficiale delle Sardine. Peccato che il movimento non abbia un’ufficialità sancita da alcunché di formale, senza scomodare la democrazia e l’elezione di rappresentanti, nemmeno un atto costitutivo come libera associazione.

«Il gruppo Facebook Sardine di Roma – spiega Ogongo – ha cambiato linea. Non aderisce al gruppo delle 6000 Sardine. Ci tengo a precisare che il gruppo l’ho creato io perciò non mi sono appropriato di ciò che non è mio come dicono in giro.
Questo gruppo adesso diventa un luogo dove chiunque può sentirsi a casa. Diventa un forum ideale dove si può discutere di tutto, ma sempre con rispetto, senza insultare o offendere chi la pensa diversamente. Chi fa parte del gruppo Facebook Sardine di Roma saprà auto-organizzarsi liberamente senza incontrare nessun ostacolo o muro». Ecco, ritroviamo lo spirito originario delle Sardine.

Ma la presa di posizione di Ogongo ha scatenato gli istinti più beceri. Quella intolleranza per la libertà di discussione che purtroppo ha spesso oscurato ciò che di buono è nato nell’alveo della sinistra in Italia. Oggi poi, siamo al paradosso: personaggi che scendono in piazza con un movimento di sinistra e poi utilizzano gli strumento della peggiore destra per delegittimare i “presunti” avversari.

«A proposito di civiltà del discorso pubblico – ha detto Ogongo – mi ha ferito la foto postata sul gruppo delle Sardine di Roma che mi ritrae in uniforma nazista affianco a Mussolini. Vedere una foto come quella postata da chi si ritiene una sardina è veramente deludente. Non possiamo comportarci nello stesso modo delle persone che scendiamo in piazza a criticare il loro linguaggio violento, il loro modo di offendere gli avversari. Queste sardine finte devono fare un’esame di coscienza.
Possiamo dissentire in modo rispettoso, ragionare ed esporre il nostro punto di vista senza usare il linguaggio offensivo contro chi non la pensa come noi».

Leader non leader, con i peggiori difetti della Sinistra

Dunque ricapitoliamo. Le Sardine non sono un movimento costituito, non hanno strutture e nemmeno organi democraticamente eletti. Ma hanno dei presunti leader, riconosciuti da una parte del movimento, che si comportano però da leader di tutte le Sardine, non si capisce bene a quale titolo. Vanno nei programmi tv atteggiandosi da leader, senza averne né l’ufficialità né soprattutto la statura. Così, si finisce dalla padella nella brace e l’autogol è dietro l’angolo. Come quello confezionato da Lorenzo Donnoli, tra i primi promotori delle Sardine e peraltro sempre coerente nella comunicazione, come appurato anche da UrbanPost.

Nel difendere il gruppo bolognese nella vicenda della foto coi Benetton, Donnoli intervenendo a Tagadà ha peggiorato le cose. «Io non stringerei mai la mano a Benetton!» Il suo intervento sembra scaricare la colpa del polverone creato dalla foto delle quattro sardine bolognesi a Fabrica, accanto a Oliviero Toscani e Luciano Benetton, sulle spalle dei giornalisti. «Un gruppo di ragazzi che ha creato il movimento popolare di partecipazione civica più innovativo degli ultimi 40 anni in Italia fa una lettera al premier in cui si parla di sicurezza sul lavoro, economia ecosostenibile eccetera e voi ci associate alle malefatte di un imprenditore che, io personalmente, non stringerò la mano e non lo incontrerò mai?». Ha ragione, ma non spiega perché quella foto, perché quell’atteggiamento da leader in erba che cercano una legittimazione nei salotti “buoni”. Buoni sì, ma solo per le lobbies che hanno fatto a pezzi questo paese.

La verità è purtroppo un’altra e stride con la pretesa del movimento delle Sardine di essere davvero un elemento di innovazione positiva per la politica italiana. Santori e altri referenti delle sardine si limitano sempre alla generica proclamazione di concetti astratti senza affrontare temi divisivi. «La linea ufficiale è di evitare i temi divisivi (ambiente, immigrazione, decreti sicurezza, etc.) – afferma Stephen Ogongo – Come si fa a fare politica senza prendere posizioni chiare? Che cosa vuol dire evitare i temi divisivi? A cosa serve riempire le piazze, parlare in modo vago per accontentare tutti e non offendere nessuno? Questa non è una politica per il bene del paese». C’è n’è abbastanza per dire che siamo alla vigilia di una svolta o al funerale prematuro di una speranza, l’ennesima “bruciata” dagli antichi vizi della sinistra italiana. >> I retroscena di politica italiana