“Qui lo Stato ha vinto contro la camorra, ora però deve fare il suo dovere perché c’è gente che non ha un euro per mangiare”. Chi vive nelle famose Vele di Scampia conosce la realtà del posto, e sono stufi di sentir parlare solo di criminalità organizzata. Anni e anni di stereotipi hanno distrutto il quartiere a Nord di Napoli, e dopo tanti riflettori i cittadini sono stati letteralmente abbandonati. Per fortuna, però, esistono associazioni e volontari che, sopratutto durante l’emergenza, si stanno prendendo cura dei più bisognosi.
Scampia, le associazioni aiutano i più poveri
“Scampia ha la cattiva reputazione di una donna che sbaglia una volta ma paga per tutta la vita”, racconta un ragazzo. Lo scorso 20 febbraio, in occasione della demolizione della Vela Verde, la passerella istituzionale non si è fatta attendere. Con l’emergenza coronavirus, però, sono spariti tutti. Poi sono arrivate Le Ienee, con un servizio di Giulio Golia, hanno di nuovo sottolineato la presenza della camorra in questa zona semplificando con “la solidarietà della camorra”. I cittadini, ora, sono stufi della strumentalizzazione che è stata fatta del loro quartiere. Perché sebbene sia constatata la presenza della criminalità organizzata, non c’è solo quello. Anzi: “Qui la camorra non c’è più, ditelo per favore”, commenta una residente della Vela Celeste.
“E’ venuto qui (Giulio Golia, ndr) e nonostante quello che gli abbiamo raccontato, ha fatto emergere tutt’altro”, spiegano alcuni residenti affacciati ai balconi ai giornalisti de Il Riformista. Scampia oggi è aiutata principalmente dalle associazioni di volontariato: gli attivisti del Coordinamento territoriale Scampia, inoltre, hanno sottolineato che l’inviato non avesse alcuna intenzione di intervistarli e di mostrare la grande catena di solidarietà che si è attivata durante l’emergenza.
Scampia, tra strumentalizzazione e solidarietà
“Ci ha chiesto se poteva fare qualche domanda alle famiglie che ricevono la nostra spesa, ma abbiamo detto no: non intendiamo spettacolarizzare queste situazioni di enorme difficoltà”, raccontano dal Coordinamento. “Pensa che siamo tutti camorristi o abbiamo legami con la criminalità, era scettico sulla nostra attività. Eppure stiamo documentando tutto, fattura per fattura. Abbiamo ricevuto donazioni da semplici cittadini, da politici, da associazioni come quella di Fabio Cannavaro e Ciro Ferrara. Pure loro sono camorristi?” chiedono rammaricati. “Addirittura abbiamo informato la Digos sui nostri attivisti che vanno in giro a portare le buste della spesa”, sottolinea l’infermiere Gino Marrone, tra i promotori del Coordinamento.
Le attività che si sono tirate su le maniche per aiutare durante l’emergenza sono tante: “Ogni giorno consegniamo dalle 50 alle 150 spese“, spiega Davide Virgili, presidente dell’associazione Aissa, attiva già dal terremoto che colpì Amatrice. Ogni spesa ha un valore di circa 15/18 euro, e comprende tre chili di pasta secca, pelati, legumi, latte, merendine, olio e altri generi. “Spesso aggiungiamo anche cose fresche che i commercianti donano per loro scelta come pane, carne e verdura”, sottolinea uno degli attivisti. “Doniamo anche vestiti e generi di prima necessità per bambini, perché mentre a un adulto basta mangiare un piatto di pasta per stare bene, per chi ha i bambini le spese sono insormontabili: per comprare una sola confezione di latte in polvere ci vogliono 25 euro”.
Una catena di aiuti lontana dalla Camorra
Oltre alle due già citate, ci sono altre associazioni che si impegnano, anche tramite le donazioni: “Ci sono delle realtà che fanno solidarietà in modo anonimo, senza passerelle e visibilità. Ma questo a persone come Feltri e Golia non interessa. Loro commettono atti d’illegalità perché sono disinformati, hanno un modo illegale di pensare la storia e conoscono dei territori per sentito dire”, racconta Davide Cerullo, un uomo che vent’anni fa lavorava al servizio dei clan come pusher e che oggi è diventato uno scrittore e un attivista. “Loro generalizzano senza far emergere le tante cose positive che ci sono, sminuendo il lavoro di troppe persone che oggi rischiano la vita per aiutare le persone che stanno in difficoltà. Parliamo di 4/500 famiglie che non possono mangiare. E non è la Camorra che le assiste”.
C’è poi la rete Bam Brigata di Appoggio Muto, che a sua volta fornisce i pasti tra le VII e l’VIII Municipalità. “Oltre ai senza fissa dimora, che ricevono pasti caldi, grazie alle numerose donazioni, la mensa è al fianco anche della tante famiglie in difficoltà. Insieme assistiamo circa 1500 persone alla settimana distribuendo circa 300 pacchi alimentari distribuiti su tutto il territorio dell’area nord”, racconta Antonio, uno degli attivisti. Non si vuol lasciare indietro nessuno, il messaggio è questo. L’assistenza arriva anche ai campi rom di via Cupa Perillo e di Secondigliano, dove si trovano circa 150 famiglie.
Ma quello che succede a Scampia non è solo legato all’emergenza coronavirus. E’ una realtà che purtroppo faticherà a cambiare. Nel tempo è stata consumata dalla Camorra, e il suo passato non gli permette di rinascere. >> Tutte le notizie di UrbanPost