Scuola superiore dad al 75 %. Due mesi di sudore e fatica per organizzare al meglio lezioni, aule a disposizione, turnazione ridotta della dad e soltanto 24 ore di tempo per realizzare un calendario che preveda, in sostanza, la presenza degli alunni in aula una settimana su quattro. Le restanti ore si faranno da casa, come durante il lockdown, in modalità sincrona o asincrona. Le nuove disposizioni del presidente del Consiglio per contenere l’emergenza Covid hanno preso in contropiede i presidi dei vari licei e istituti italiani. Altro che banchi monoposto con le rotelle… Come stabilito dal nuovo Dpcm, a partire da oggi, 27 ottobre, fino al 24 novembre, la percentuale di didattica in presenza permessa alle superiori passa dal 100% al 25%.
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Scuola superiore dad al 75%: solo 24 ore per organizzare la didattica a distanza
Un’emergenza nell’emergenza quella del ritorno alla didattica a distanza. Imporla infatti al 75% vuol dire che non saranno pochi i docenti costretti a dividersi tra presenza e distanza. Per non fare avanti e indietro tra casa e scuola, sarà dunque opportuno che gli istituti dispongano di device e connessioni per consentire ai professori di lavorare tranquillamente in sede. Su questo punto però dal Ministero rassicurano: il 93% delle aule avrebbe una rete Wifi (nel 2013 era al 35%) e il 71,9% delle classi adeguate alla didattica digitale. Ovviamente non si parla sempre di connessioni stabili ed è questo il nodo da disbrogliare.
«Avevamo fatto lavoro enorme per adattare le scuole al ritorno in classe, con tutti i ritardi del caso e i compromessi che ci hanno imposto. Abbiamo lavorato freneticamente, perché il mantra era tornare in classe e mantenere le distanze. E ora sembra che lo abbiamo fatto per nulla», ha Monica Fontana, preside dell’Iss Brunelleschi Da Vinci di Frosinone. E non è la sua una voce isolata: Giorgio Galanti, preside del Liceo Classico Tito Livio di Milano e dell’Istituto comprensivo Trilussa di Quarto Oggiaro, ha espresso ad ‘Open’ la stessa amarezza. «Avevamo un piano di didattica integrata che finora funzionava benissimo. Poi abbiamo dovuto adeguarlo alle linee guida ministeriali dettate dalla Covid-19 e avevamo raggiunto un equilibrio del 65%: le classi venivano lasciate a casa a rotazione, in modo da non sacrificare nessuno», ha spiegato Galanti, che ha aggiunto: «Nessuno di noi ha fatto un giorno di pausa per lavorare al rientro e ora si butta tutto all’aria a colpi di Dpcm».
L’amarezza dei presidi: «Chiudiamo le scuole perché non siamo riusciti a programmare i trasporti»
Gli ingressi scaglionati a scuola non sono serviti a molto: «È evidente che chiudiamo le scuole perché non siamo riusciti a programmare i trasporti. Se io dispongo ingressi scaglionati ma c’è solo un autobus che mi porta a scuola.. allora è chiaro che si assembreranno tutti. Gli enti locali dovevano sedersi con noi e con le aziende dei trasporti. Ma così non è stato e ora a pagare sono gli studenti», ha tuonato la preside Fontana. E c’è da dire che il ritorno alla didattica a distanza non è stato accolto piacevolmente neppure dagli studenti, costretti spesso a tenere spenta la videocamera perché in camera con parenti e familiari. Senza contare i vari problemi di connessione, che non garantiscono un’istruzione adeguata e uguale per tutti. Leggi anche l’articolo —> Lettera dal fronte scolastico: docente positivo al Covid racconta il suo dramma