Carola Rackete ha agito in maniera “giustificata” per proteggere le vite dei migranti. Oggi la Cassazione ha confermato il “no” all’arresto della comandante della Sea Watch, accusata di aver forzato il blocco navale della motovedetta della Guardia di Finanza. Le motivazioni depositate respingono il ricorso presentato dalla procura di Agrigento contro l’ordinanza che lo scorso 2 luglio l’aveva rimessa in libertà.
Sea Watch, la Cassazione dà ragione a Carola Rackete
La comandante della Sea Watch è entrata correttamente nel porto di Lampedusa in base alle disposizioni sul “salvataggio in mare”. Come spiegato dalla Cassazione, infatti, “l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare. Comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro”. Così si esclude anche la natura di nave da guerra della motovedetta della Guardia di Finanza, poiché al comando non c’era un ufficiale della Marina militare, come prescrivono le norme, ma un maresciallo delle Fiamme Gialle. Le motivazioni quindi sono giustificate: Rackete ha agito in tutela dei migranti salvati da un naufragio in acque Sar al largo della Libia, che si trovavano a bordo della nave dell’Ong tedesca.
“Non può essere qualificato ‘luogo sicuro‘, per evidente mancanza di tale presupposto, una nave in mare che, oltre ad essere in balia degli eventi meteorologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse”. Per esempio, quello di fare “domanda per la protezione internazionale”, sottolinea ancora la Cassazione nelle motivazioni. Gli ermellini ricordano che “la nozione di ‘luogo sicuro’ non può essere limitata alla sola protezione fisica delle persone, ma comprende necessariamente il rispetto dei loro diritti fondamentali”.
Sea Watch, la replica di Salvini
Subito è arrivato il contrattacco di Matteo Salvini: “Voglio leggere bene questa sentenza della Cassazione. Se è vero quello che leggo, che si può speronare una nave della Guardia di Finanza con a bordo cinque militari della Gdf, è un principio pericolosissimo per l’Italia e per gli italiani”. A margine di una conferenza stampa elettorale a Chieti, ha poi aggiunto: “Un conto è soccorrere dei naufraghi in mare, che è un diritto dovere di chiunque. Un conto è giustificare un atto di guerra. Se io in Germania speronassi una nave militare tedesca, penso che giustamente sarei messo in galera. Quindi me la leggerò. Se così fosse sarebbe un pericoloso precedente perché da domani chiunque si sentirebbe titolato a fare quello che non va fatto”.
“Lei- continua Salvini- non ha commesso reato perché al comando della nave non c’era un ufficiale della Marina militare, ma un semplice maresciallo della Guardia di finanza. Quindi se c’è un maresciallo della Finanza ti posso spiaccicare contro un muro. Ma vi rendete contro dell’assurdità?”, ironizza in conclusione.
Sea Watch, ieri un altro soccorso in mare
Le operazioni della Sea Watch 3 intanto non si fermano. Ieri la nave della Ong tedesca ha salvato altre 121 persone, di cui 19 donne e 8 minori al largo della Libia. I migranti si trovavano a bordo di un gommone bianco partito da Zawiya e hanno contattato Alarm Phone. Dopo aver ricevuto l’SOS, la piattaforma ha avvisato le autorità e le navi presenti in zona. Come hanno spiegato i referenti della Ong, la Sea Watch 3, “nave attrezzata per il soccorso e vicina all’ultima posizione nota, si è immediatamente diretta verso l’imbarcazione”.
I naufraghi salvati arrivano principalmente dalla Somalia, e gli otto minori quattro sono accompagnati e quattro no. Come ricorda la Ong, la Somalia “rappresenta oggi la base di uno dei gruppi jihadisti più attivi e violenti, al-Shabab (movimento affiliato ad al-Qaeda). Le aggressioni del gruppo armato si verificano un po’ ovunque nel Paese, compresa la capitale Mogadiscio. Solo ieri si sono registrati gli ultimi sanguinari attacchi verso la popolazione civile”.