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Sergio Zavoli, Bruno Vespa: «Ho imparato a fare questo mestiere guardando i suoi servizi»

05/08/2020 15:19

Bruno Vespa ricorda la figura del collega scomparso Sergio Zavoli. Su Twitter il papà di ‘Porta a Porta’ ha definito il 96enne «il più grande giornalista radiotelevisivo di sempre. Narratore eccelso con voce leggendaria. Non ho potuto lavorare con lui per le gelosie del Tg, ma guardando i suoi servizi ho imparato molto. Onorato di aver preso da lui il timone del premio Guidarello». A ‘Repubblica’ Bruno Vespa ha concesso un’intervista in cui ha spiegato il ‘debito’ nei confronti di Zavoli, che universalmente è considerato un maestro, uno straordinario professionista.

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Zavoli Bruno Vespa

Sergio Zavoli, Bruno Vespa: «Ho imparato a fare questo mestiere guardando i suoi servizi»

«Zavoli è riuscito a passare da un argomento all’altro con profondità: sapeva raccontare. Io non ho mai potuto lavorare con lui perché c’era una gelosia fortissima tra Sergio e il grande Biagione Agnes: guai fare la rampa di scale dal terzo al quarto piano. Ma posso dire di aver imparato a fare questo mestiere guardando i servizi di Zavoli. Ma ancora prima del suo lavoro televisivo, che ha lasciato il segno, penso alla potenza del documentario radiofonico Clausura: con la sua voce leggendaria ti conduceva nei luoghi», ha affermato Bruno Vespa, che poi ha spiegato il vero punto di forza del collega scomparso: «Aveva una capacità narrativa fuori dal comune. Con Il processo alla tappa, molto prima che ci conoscessimo, portò il ciclismo a un livello letterario. Era davvero un narratore fantastico. Ero appena entrato in Rai, nel 1968 e ricordo le cronache del terremoto in Sicilia, lui raccolse testimonianze straordinarie, aveva una capacità di far commuovere le persone. Siamo stati legati da amicizia da stima, preso da lui il testimone del premio Guidarello per il giornalismo d’autore», ha proseguito il conduttore.

Sergio Zavoli Bruno Vespa

«Giornalismo televisivo? Ricordo un servizio sui manicomi, mamma mia, prima che cominciasse c’era un piano sequenza che ti toglieva il fiato. Erano racconti d’autore»

Zavoli ha raccontato l’Italia degli anni di piombo: «È stato l’unico a intervistare tutti i terroristi, a fare un affresco memorabile di quegli anni. Parliamoci chiaro, un conto è scrivere un libro, un altro portare i protagonisti davanti alle telecamere a rispondere. Lui ci riuscì: resta un documento storico prezioso», ha detto Bruno Vespa, che poi ha riflettuto su quanto sia cambiato il modo di fare giornalismo televisivo oggi. La velocità pare sia diventato l’ingrediente fondamentale: «C’è un certo rimpianto per la lentezza, per i piani sequenza. Ricordo un servizio sui manicomi, mamma mia, prima che cominciasse c’era un piano sequenza che ti toglieva il fiato. Erano racconti d’autore. Sarebbe benedetto il ritorno a quelle inquadrature, oggi conta la velocità. Io che mi sono formato con quella generazione di maestri, con quei tempi, facevo servizi di tre minuti, tre minuti e mezzo, che oggi nei telegiornali sono impensabili», ha concluso Vespa. Leggi anche l’articolo —> Bruno Vespa rivela: «L’invidia non la conosco, ma l’ho subita. Un giornalista, una volta, disse che mio figlio…»

 

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