Un ricorso dietro l’altro. Che il Super Green Pass non fosse apprezzato da tutti era già cosa ovvia. Ora, però, molti parlamentari e senatori hanno deciso di rimboccarsi le maniche e fare ricorso per il divieto di entrare in Aula e nei locali pubblici. Tra questi troviamo l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, l’ex grillino Gianluigi Paragone, ma anche Mario Michele Giarrusso, Carlo Martelli e Emanuele Dessì. Sono una decina, in totale, coloro che hanno scelto di opporsi all’obbligo di certificazione verde.
Super Green Pass, il ricorso dei politici
Tra i primi nomi che saltano all’occhio c’è sicuramente quello di Virginia Raggi. Lei, infatti, non si è mai dichiarata ufficialmente contro il Super Green Pass, ma ha sempre detto di rimettere ai suoi medici la decisione di vaccinarsi. Una decisione che, a quanto pare, o non è arrivata o ha dato esito negativo. “Se sono a favore dei vaccini? La situazione è quella che ho sempre detto: sono in mano ai medici per valutare quando farlo”, aveva detto. “Seguo le prescrizioni mediche e mi fido dei dottori che stanno valutando che cosa fare e quando fare”. Era settembre 2021 quando rilasciava queste dichiarazioni. Oggi, però, l’ex sindaca di Roma risulta essere ancora sprovvista di Super Green Pass e a dimostrarlo è l’ultimo incontro (online) con Beppe Grillo.
La settimana scorsa, quando il fondatore del M5S è arrivato a Roma, si è creata un po’ di confusione per capire come far partecipare alle riunioni dei big pentastellati anche Raggi. Prima è stato cambiato l’albergo, spostandosi dal Forum Al Parco dei Principi. E poi, alla fine, ci si è dovuti arrendere al fatto che la presenza della Raggi potesse avvenire solamente online. Infatti, alla fine, l’ex sindaca si è collegata via Skype con i suoi colleghi.
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Super Green Pass, Giarrusso: “Mi oppongo a una norma fascista”
Uno dei più infuocati sul versante no Green Pass è l’ex grillino Mario Michele Giarrusso. “Lei mi sta chiedendo del mio vaccino? Scusi, ma come si permette? Io per caso le chiedo che anticoncezionale ha usato lei o sua moglie?”, ha risposto ai giornalisti. Per lui la questione è costituzionale: “La certezza che dire no all’obbligo del green pass per entrare in Parlamento vuol dire opporsi a una norma fascista. Lo sa che cosa potrebbe accadere un domani?”, si è domandato prima di auto-rispondersi. “Che una maggioranza potrà approvare una legge che impedisce l’ingresso al Senato a quelli che non sono alti oltre un metro e ottanta, non sono biondi, non hanno gli occhi azzurri… E poi, mi scusi: ma mica questo è un lavoro? Io sono un rappresentante della volontà popolare!”, ha affermato ripercorrendo lo schema del giornalista Gigi Marzullo.
C’è poi Emanuele Dessì, un altro uscito dal Movimento 5 Stelle quando il partito ha deciso di appoggiare il governo Draghi. Lui, a differenza degli altri, però, esprime la sua posizione in modo molto più pacato. “Io credo nella scienza, nella medicina, nei vaccini. Sono un soggetto oncologico, se non ci credo io nella scienza non ci crede nessuno. Eppure sono contro l’obbligo di green pass che potrebbe tenere lontano dal lavoro un milione e mezzo di italiani. Non ha senso questa misura in questa fase della pandemia”, ha sottolineato rispetto all’obbligo di Super Green Pass agli over50 per andare a lavorare. Non partecipare alle sedute in Aula, però, gli costerà caro. “Le dirò: è giusto che io perda parte dello stipendio. Fare una battaglia vera comporta il doveroso pagarne le conseguenze. Che pago, mi creda, molto volentieri”, ha dichiarato però Dessì. >> Tutte le notizie di UrbanPost