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Torino, 20enne ucciso dall’anoressia, l’appello del padre: «Questa malattia viene sottovalutata»

17/02/2020 11:54 - Aggiornamento 17/02/2020 11:57

Lorenzo Seminatore aveva vent’anni. La sua battaglia contro l’anoressia era iniziata nel 2014 ed è finita con una telefonata al 112. Papà e mamma lo hanno trovato morto nel suo letto poco dopo le 23 del 16 febbraio 2020. Pesava 50 chili per un metro e novanta. La sua storia ora il padre vuole raccontarla per filo e per segno, perché ad altri non succeda. Affinché nessun genitore soffra. «Bisogna parlarne nelle scuole e spiegare che non riguarda solo le ragazze, che si muore sul serio. E aiutare le famiglie. Aiutare me a capire questa vergogna: non ci sono strutture pubbliche, un sistema a cui rivolgersi. Lorenzo è stato dimesso due volte da un pronto soccorso quando era in evidente pericolo di vita. E il suo ricovero di un anno in un centro specializzato ci è costato 40mila euro. Ben spesi perché se ne sarebbe andato molto prima. Ma privilegio inaccettabile: non tutti possono permetterselo», ha esordito l’uomo in un’intervista choc rilasciata a ‘Quotidiano.net’.

Lorenzo Seminatore

Torino, 20enne ucciso dall’anoressia, l’appello del padre: «Questa malattia viene sottovalutata»

Lorenzo Seminatore aveva tutta la vita davanti: «Negli ultimi mesi è precipitato tutto. Non mangiava o mangiava smodatamente e poi vomitava, anche 20 volte al giorno. Alternava anoressia e bulimia. Sapevamo e non sapevamo perché ha sempre cercato di nascondere tutto. Nell’ultimo anno ci siamo accorti di clisteri e purganti. Si alzava da tavola con mille scuse e andava in bagno. Quando restava solo a casa era anche peggio. Trovavamo scatole di biscotti e barattoli di nutella finiti, siamo arrivati a nascondere il cibo», ha spiegato il padre del giovane. I problemi sono cominciati quando Lorenzo era ancora uno studente: «Primo anno di liceo scientifico, in sordina. Doveva fare tutto alla perfezione, dal calcio alla scuola. E ha iniziato a mangiare sempre meno. Non c’era ancora una diagnosi vera e propria di anoressia. La psichiatra che lo seguiva parlava di una forma di autolesionismo. E lui alla fine lo ha ammesso: ’Faccio così perché so che prima o poi morirò’. È arrivato al punto di non riuscire ad alzarsi dal letto. Eravamo disperati, lo portato in valle d’Aosta alla ‘Residenza Dahu’ di Brusson. Dodici mesi. Nessun contatto nei primi tre, poi a Natale siamo finalmente riusciti a vederlo: stava bene, non era più scavato. Mi ha detto sorridendo: sai papà, non faccio più brutti pensieri».

Lorenzo Seminatore

«Lorenzo continuava a ripetere io sto bene, non vi preoccupate, ce la farò. Per un po’ abbiamo voluto crederci»

A poco alla volta però quei brutti pensieri sono tornati, prepotenti, a tormentarlo: «Con l’aria della maturità ha ripreso a peggiorare. È uscito con 82, ma dopo tre giorni di università non ce l’ha più fatta. Si è accucciato nel suo progetto: scrivere canzoni. Facevamo dei patti: il nutrizionista, la dieta. Niente, è la malattia che comanda. È come se non fossi io a vomitare, diceva. Ha voluto cambiare psicologo: due sedute, troppo tardi. Nel 2019 c’è stato un ricovero d’urgenza alle Molinette. Il problema principale era il potassio, vomitando buttava fuori liquidi e rischiava di morire per arresto cardiaco, come poi è stato. Salito il potassio l’hanno tenuto 5 giorni in un reparto psichiatrico che definirei parcheggio per casi diversi dove non curi un depresso grave. Secondo corsa al pronto soccorso a novembre, terapia intensiva. Ma ormai era maggiorenne e ha firmato per le dimissioni». Poi l’amara conclusione: «Questa malattia viene sottovalutata: se dici ho il cancro tutti conoscono lo specialista migliore, al depresso viene consigliato di uscire con gli amici che poi passa. Oggi con tutto quello che abbiamo passato non saprei cosa consigliare a un genitore nella stessa situazione. La malattia che si è presa mio figlio scherma la realtà. Lorenzo continuava a ripetere io sto bene, non vi preoccupate, ce la farò. Per un po’ abbiamo voluto crederci».

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