Vaccino Covid, la campagna di vaccinazioni contro l’epidemia da Sars-Cov-2 in Italia stenta a decollare e ”non nascondo che la situazione che stiamo vivendo mi preoccupa. Con tutta la possibile chiarezza nell’illustrare vantaggi e necessità della profilassi, credo che sarà comunque molto difficile condurre la campagna vaccinale se non si tiene conto che in tutta Italia il personale sanitario è duramente provato e difficilmente può farsi carico di altro lavoro straordinario, particolarmente in Lombardia. Lo dice al Messaggero l’infettivologo Massimo Galli, secondo cui l’obiettivo di immunizzare il 70% degli italiani dopo l’estate in queste condizioni è
difficilmente realizzabile.
“Siamo realisti, medici e infermieri da reclutare ne abbiamo pochissimi”
“Credo si debba essere realisti – afferma Galli – medici da assumere e infermieri liberi da impegni da reclutare ne abbiamo pochissimi, e quei pochi scarsamente interessati ad attività di carattere temporaneo come questo piano di profilassi. Il personale in termini numerici è nel tempo molto rarefatto”.
Secondo il direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale ” Luigi Sacco” di Milano, il problema della somministrazione del vaccino Covid si potrebbe risolvere ”ragionando ad esempio sulla possibilità di fare ricorso a medici e infermieri che sono andati in pensione negli ultimi quattro anni e che siano volontariamente disponibili a farsi carico di parte del lavoro e aggiunto alla campagna vaccinale. Questo con i dovuti riconoscimenti e le garanzie assicurative del personale operativo a tutti gli effetti. Ci riflettevo proprio in questi giorni. Che nel periodo festivo parte del personale si sia preso qualche momento di pace è comprensibile e questo ha rallentato le vaccinazioni, riducendo il numero sia dei vaccinatori sia dei vaccinandi disponibili, specie, immagino, in Lombardia. Anche perché non è che ci si aspetti un gennaio facile. L’attuale situazione dell’epidemia non può essere definita brillante. Mi spiace davvero dirlo, sembra che veda le cose solo negativamente, ma non servono grandi ragionamenti per affermarlo”.
Vaccino Covid, Galli: “Continuare a contenere la trasmissione della malattia è fondamentale’
”Non mi stupisce – prosegue Galli – che in questi giorni la percentuale dei positivi sui tamponi fatti, che sono meno del solito, come sempre nei periodi di festa, sia più alta. In questi giorni è probabile che siano stati fatti in proporzione più tamponi a persone con sintomi. Ma anche questo non è un fenomeno privo di significato. Questo per dire che i casi sono ancora tanti e che rischiamo a breve una risalita . L’andamento dell’epidemia nel resto del mondo non conforta. La storia si ripete, si è già verificato che accadesse prima negli altri Paesi e che poi toccasse anche a noi. Nel futuro prossimo dovremo e potremo vaccinare tutto il Paese, mi auguro. Mai niente di simile è stato fatto prima e doverlo fare in concomitanza di una forte ripresa della malattia sarebbe una grande iattura e un serio ostacolo. Continuare a contenere la trasmissione della malattia è fondamentale”.
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La ripartenza del 7 gennaio “è fonte di apprensione, riaprire gestendo in sicurezza problemi connessi”
La ripartenza delle attività del 7 gennaio ”è fonte di apprensione – dice Galli -. Sull’organizzazione dei trasporti pubblici al momento mi toccherebbe professare un atto di fede, che tuttavia per il mio modo di pensare mi è molto difficile fare. Negare che la scuola rappresenti un contesto o una causa diretta o indiretta di diffusione dell’infezione – lo dico con grande tristezza, le lezioni in presenza sono importanti e rappresentano un diritto per i ragazzi – significa negare l’evidenza dei dati di vari studi internazionali. Dati, compresi quelli del ministero dell’Istruzione, poi in qualche modo confusamente ritrattati, che ci dicono che è impossibile pensare che anche la sola movimentazione degli studenti non abbia un ruolo nella diffusione del virus. È importantissimo riaprire, ma bisogna farlo gestendo in sicurezza i problemi connessi”.
“Tra l’altro – conclude il direttore di malattie infettive del “Sacco” – avremo contezza dell’entità casi di contagio avvenuti prima di Natale proprio nella seconda settimana di gennaio, dopo il 7. Le Regioni rimaste a lungo gialle – conclude – non mi sembrano poi messe così bene per numero di contagi e forse questo qualcosa vorrà dire. È stato riaperto tutto troppo presto, al di là dei criteri fissati e della grande attenzione nel farlo. La coperta si è rivelata corta ed è stata troppo tirata di qua e di là”. >> Le notizie sul Coronavirus