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Variante indiana Crisanti: «Se è in Veneto vuol dire che è già diffusa»

27/04/2021 09:50 - Aggiornamento 27/04/2021 09:56

«Se la variante indiana di Sars-CoV-2 è stata trovata in Veneto, vuol dire che è già ampiamente diffusa anche altrove. Perché il nostro Paese ha una bassissima capacità di sorveglianza, non ha la sensibilità necessaria per intercettare tempestivamente» i mutanti. Così il microbiologo, accademico e divulgatore scientifico Andrea Crisanti dopo l’annuncio del presidente del Veneto Luca Zaia. Il governatore ha parlato ieri di due primi casi di varianti indiana, confermati sul territorio, all’Ulss Pedemontana di Bassano. Altrettanti sono in attesa di conferma.

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variante indiana

Variante indiana Crisanti: «Se è in Veneto vuol dire che è già diffusa»

Due casi di variante indiana di Coronavirus sono stati diagnosticati a Bassano del Grappa in un uomo e sua figlia, ambedue rientrati dal paese asiatico e ora in isolamento. Una notizia che Crisanti, il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, ha commentato all’Adnkronos Salute così: «Il problema è che tutte queste nuove varianti rappresentano una minaccia sia alle riaperture, per le quali è già un problema la variante inglese, ma sono una minaccia anche al programma di vaccinazione. Vanno monitorate e noi ancora non abbiamo la capacità per farlo». L’esperto ha sottolineato: «Quella indiana sembra una variante che ha un’elevata capacità di trasmissione e, sulla base delle mutazioni che la caratterizzano, potrebbe avere anche una certa resistenza al vaccino». Se fosse confermato «si abbasserebbe la soglia di protezione. Ciò significa che se una persona vulnerabile è protetta dall’infezione da variante inglese/europea, con questa potrebbe non esserlo altrettanto e fare una malattia più grave».

Crisanti

Per il virologo l’ideale «sarebbe vaccinare in una situazione di chiusura. Invece noi stiamo facendo l’opposto»

Un problema generale per Crisanti, non limitato all’India. La situazione drammatica di Nuova Delhi «non si può spiegare solo con carenze strutturali, non è questa e basta la questione. Al di là della situazione sanitaria particolare, può accadere ovunque e lo abbiamo visto: laddove c’è trasmissione elevata del virus, c’è più probabilità che emergano varianti». Per il virologo l’ideale «sarebbe vaccinare in una situazione di chiusura. Invece noi stiamo facendo l’opposto». Leggi anche l’articolo —> 10 miliardi di dosi di vaccino anti Covid entro il 2021, ma è allarme componenti

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