E’ iniziato il gioco del silenzio tra Nicola Zingaretti e il Premier Giuseppe Conte: al segretario del Partito Democratico, infatti, non è piaciuto affatto l’intervento sul Mes del Presidente durante la conferenza stampa di domenica sera. Non è un caso, quindi, che al momento Zingaretti non abbia praticamente espresso nulla a riguardo, se non breve commento. E quando i dem non parlano, può significare una cosa sola: l’inizio di una guerra fredda.
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Mes, Zingaretti non perdona le parole di Conte
Non è cosa nuova il rifiuto del segretario del PD alle polemiche. Anzi, quando può il dem preferisce “lavare i panni in casa”. Ma l’uscita di Conte di domenica riguardo al Mes Zingaretti proprio non è riuscito a mandarla giù. “Un tema così importante come il Mes va a affrontato in Parlamento e tra Governo e maggioranza, non in una battuta in conferenza stampa, che porta uno strascico di polemiche”, ha commentato. Tra l’altro, si può dire che il Partito Democratico stia controllando a vista il lavoro del Premier Conte. Non mancano infatti le perplessità, alimentate in particolar modo dall’inadeguatezza delle misure per contenere il coronavirus. C’è necessità di soluzioni, ma sembra mancare il dialogo. Tuttavia un rimpasto pare improbabile: “Se sfili un mattoncino, qui crolla tutto l’edificio…”, affermano dal Colle.
Servirebbe unità, e invece c’è scontro. Non c’è un tavolo che metta insieme la maggioranza e l’opposizione di fronte ai fondi che dovrebbero giungere dal Recovery Fund; non c’è collaborazione tra governo e Regioni e non esiste una strategia comune. Poi ancora non c’è coinvolgimento delle opposizioni. Insomma: l’unica certezza sono le mancanze. E forse non è un caso che uno dei politici più vicini a Mattarella, l’ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti, abbia scritto: “Continuo a non capire perché il governo non promuova un tavolo con anche le opposizioni su Covid e Recovery Fund. Non si tratta di rinunciare alle proprie responsabilità, ma di assolverla meglio”.
Zingaretti e il Mes: “Serve un confronto per stabilire le priorità”
Quello che fuoriesce in questi giorni da Palazzo Chigi è solamente caos. “Le forze di maggioranza hanno chiesto un momento di confronto. Ritengo quantomeno opportuno un confronto politico per definire le priorità, per definire un patto in vista della fine legislatura”, ha dichiarato Conte. Ma nemmeno questo arriverà subito, poiché “il M5S ha già fissato un appuntamento importante”, quindi è meglio attendere gli Stati Generali che si terranno, online, l’8 novembre. Fatto sta che, per quando Conte voglia farsi vedere ben disposto al dialogo e concentrato sull’emergenza, durante la conferenza stampa di domenica ha fatto un vero e proprio scivolone, dichiarando che l’utilizzo del Mes “non serve”, “non è una panacea” e, dulcis in fundo, porterebbe a “nuove tasse” o a un taglio “della spesa”. Poi ha aggiunto: “Si risparmiano solo 200 milioni in interessi”, e se lo usiamo “c’è lo stigma”. Tutto questo ha fatto infuriare i dem.
Conte quindi non nega più i suoi dubbi riguardo al Mes, lo stesso Fondo che invece ha difeso tanto strenuamente durante il lockdown. Insomma: a proposito sembra che stia facendo un vero e proprio cambio di rotta, questa volta verso il centrodestra che al contrario non ha mai nascosto i suoi sentimenti verso il Fonda salva-Stati. Tra l’altro, nel farlo trova una spalla nel ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, il quale a sua volta ha sottolineato che le risorse del Mes “hanno la loro funzione fondamentale di sostenere un paese in deficit di liquidità”, ma “l’Italia non si trova in questa situazione”.
Il timore di Conte è un rimpasto di governo
Così arriviamo al punto: il vero timore di Conte sembra essere il rimpasto di governo. Da una parte, infatti, i dem spingono perchè il Premier analizzi tutti i dossier che per mesi ha lasciato impolverare sulla scrivania. Dall’altra, il Presidente sta temporeggiando, preoccupato dal fatto che dalla discussione del programma si possa passare a un toto-poltrone. E’ cosa nota, infatti, l’idea di Zingaretti e di Di Maio di pensare rispettivamente a un posto da vice a Palazzo Chigi, così da poter controllare in modo più attento Conte. E il rischio più concreto di tutto questo è, appunto, il rimpasto. Anche perchè passato il referendum, non è possibile oggi andare a nuove elezioni, ma riformare il governo sì.
Per lo stesso motivo Conte cercherà ancora più approvazione da parte dei 5S, coloro che hanno fatto per ben due volte il suo nome per ricoprire il ruolo da Premier. Rafforzare il legame, infatti, gli sarà assolutamente necessario per riuscire a tenere testa alle richieste del Partito Democratico, di Italia Viva e di Liberi e Uguali. Insomma, da ora in poi Conte a Palazzo Chigi sarà come un elefante in un negozio di cristalli: dovrà stare molto attento a ogni mossa. >>Tutte le notizie di UrbanPost