Caso Elena Ceste: Michele Buoninconti è davvero colpevole? La scrittrice e criminologa Anna Vagli apre il 2020 tornando a trattare, nella sua consueta rubrica di approfondimento di cronaca nera su La Gazzetta di Lucca, il processo al vigile del fuoco condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione per il delitto della moglie, scomparsa dalla loro casa di Costigliole D’Asti il 24 gennaio 2014 e i cui resti vennero trovati, del tutto casualmente, il 18 ottobre dello stesso anno nel canale di scolo distante meno di un km dalla abitazione di famiglia.
Anna Vagli smentisce padre Elena Ceste: Michele Buoninconti «ha versato ai figli una somma pari a 9.744,58 euro»
La Vagli titola così il suo articolo: “Omicidio Elena Ceste: tutto quello che non sapete” e smentisce le recenti dichiarazioni del padre della vittima, Franco Ceste, secondo cui Michele Buoninconti non passerebbe il mantenimento ai quattro figli, affidati ai nonni materni dopo la condanna definitiva al vigile del fuoco. Carte processuali alla mano – «mi attengo sempre agli incartamenti processuali, per fornire un quadro quanto più chiaro ed oggettivo possibile, prescindendo così da quella più vasta “assise” rappresentata dall’opinione pubblica», puntualizza l’autrice dell’articolo – infatti la criminologa rivela che in realtà Michele Buoninconti, nonostante i figli abbiano interrotto ogni contatto con lui dal giorno in cui venne tradotto in carcere (29 gennaio 2015), ha elargito loro del denaro. Si tratterebbe di una somma importante: Franco Ceste qualche settimana fa «per il tramite di un noto settimanale, ha accusato il genero di non aver mai versato un euro per provvedere al mantenimento dei figli. Circostanza smentita dalle contabili dei bonifici bancari. Ebbene, il pompiere di Costigliole d’Asti da quando è detenuto ha versato ai figli una somma pari a 9. 744, 58 euro. Un importo non di poco conto considerando che il Buoninconti non lavora e si trova attualmente detenuto nel carcere di Alghero. Ingiustamente peraltro. Le sentenze riguardanti le condanne di Buoninconti sono accessibili a tutti in rete e chi ha un po’ di dimestichezza col diritto si renderà subito conto che mancano i criteri che l’ordinamento penale italiano esige per condannare un imputato “al fine pena mai”».
Elena Ceste morta accidentalmente: perché l’ipotesi potrebbe essere plausibile
Anna Vagli, nel ribadire che durante l’iter processuale che ha visto imputato e infine condannato Michele Buoninconti accusa e difesa sono state concordi nell’appurare l’impossibilità di stabilire le cause di morte di Elena Ceste – e che quindi lo strangolamento ad opera del marito è stato solo ipotizzato in quanto non suffragato da elemento oggettivo alcuno -, considera non poi così astratta la possibilità della morte accidentale sempre sostenuta dalla difesa del vigile del fuoco. Attinge agli incartamenti processuali, la Vagli, e spiega: «Elena Ceste non era propriamente osservante i vincoli matrimoniali. Ne avevamo già parlato, la signora infatti frequentava diversi uomini che accoglieva addirittura in casa in assenza dei figli e del marito. Queste non sono chiacchiere da bar, ma trovate tutto cristallizzato nelle sentenze. […] I giorni prima della sua scomparsa, era profondamente afflitta e versava in uno stato di profonda confusione e turbamento emotivo dettato dalle dicerie di Paese. Oramai le sue scappatelle erano divenute di dominio pubblico dopo che le telecamere di un centro commerciale l’avevano ripresa mentre si appartava in macchina con G.D. A., uno dei suoi amanti». Del tormento interiore che la attanagliava Elena Ceste aveva parlato anche con il parroco di Costigliole: «Don Zappino, al quale aveva espresso tutte le sue preoccupazioni in ordine a ciò che si raccontava in giro. Elena non dormiva sogni tranquilli per le sue relazioni extraconiugali […] Parlare delle condizioni psicofisiche di Elena Ceste è emblematico per spiegare il motivo per i quale la pena inflitta a Michele Buoninconti non risponda al criterio previsto dall’art. 533 del codice di procedura penale per il quale ‘il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio’».
Morte Elena Ceste: indagini condotte troppo superficialmente?
Michele Buoninconti sarebbe stato condannato senza prove, quindi? «Nel caso della Ceste, non solo non è possibile stabilire la causa di morte – spiega Anna Vagli – ma sul corpo della donna non sono state trovate né ferite compatibili con arma da taglio né tanto meno ferite riconducibili all’esplosione di un’arma da fuoco. Questi dati, pur senza riscontro scientifico, sono ritenuti sufficienti dall’accusa per attribuire l’azione omicidiaria a Buoninconti. La causa di morte non si può stabilire però sicuramente è stato il marito a strangolarla. Spiega l’investigatore privato Cannella – che attualmente coordina il pool difensivo – “la sera dell’omicidio Michele aveva ritrovato Elena riversa a terra mentre si tirava in pugni in testa, preoccupata perché un uomo l’aveva fotografata vicino ad una cava ove si era appartata insieme ad un amico”. Nessuno può sfuggire alla legge della coscienza, a maggior ragione una madre turbata per la possibilità che i suoi quattro figli vengano a sapere delle relazioni che intrattiene con altri uomini, facendoli addirittura entrare nella loro dimora. […] A mio avviso, non è inverosimile affermare che la donna, in preda ad una profonda crisi, si sia volontariamente allontanata da casa. Gli stessi figli hanno raccontato che quella mattina erano stati accompagnati a scuola dal padre perché la madre non si sentiva bene». La Vagli conclude ponendo un interrogativo: «Altro aspetto fallace della vicenda giudiziaria è sicuramente la mancata indagine del DNA, che in una circostanza come questa avrebbe potuto essere dirimente. Data l’impossibilità scientifica di stabilire la causa di morte, perché non si è tentato di isolare eventuali profili genetici presenti sulla scena?».
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