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Coronavirus, medici ‘lottano’ per Mattia, il paziente 1 di Codogno: «Vederlo spegnersi sarebbe un incubo»

29/02/2020 09:10

È stato rinominato paziente 1, Mattia, il 38enne di Castiglione d’Adda ‘grazie’ al quale è stato scoperto il focolaio di coronavirus in Lombardia, a Codogno: e proprio intorno a lui una task force di medici, infermieri e specializzandi sta lavorando giorno e notte per sconfiggere l’infezione e restituire Mattia alla vita di sempre. È il dottor Raffaele Bruno, 53enne cosentino, a guidare il reparto di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia, dove il 38enne è ricoverato dallo scorso 21 febbraio. «So di non fare un’affermazione scientifica, – ha dichiarato Bruno – ma la verità è che per sconfiggere un nemico nuovo e sconosciuto abbiamo bisogno anche di una somma insondabile di coincidenze positive. Detto in due parole, augurate a noi medici e agli scienziati buona fortuna».

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Coronavirus: Mattia, il paziente 1, “stabile dal primo istante”

Oltre trenta persone si muovono silenziosamente nella «missione più difficile in corso in Europa», ovvero guarire Mattia e le centinaia di persone del Basso Lodigiano colpite, come il 38enne, da coronavirus. Per loro, nell’interrato dello stesso policlinico una quarantina tra medici, tecnici e ricercatori studiano centinaia di tamponi al giorno provenienti dalla zona rossa lombarda così come da Cremona, Bergamo e Brescia. «Dobbiamo trovare, seguire e controllare l’infezione – ha affermato Fausto Baldanti, 56enne piacentino direttore della scuola di virologia molecolare – per diagnosticarla, o poterla escludere tra chi viene sottoposto ai test». E ancora: «Qui è in corso il più gigantesco sforzo messo in campo dall’Occidente contro questa infezione nuova. Ancora non la conosciamo e lei non conosce noi. Da qui nascono potenzialità della diffusione e potenza della paura. L’obiettivo allora è raccogliere il maggior numero di dati accertabili e certificati, mettendoli a disposizione di tutto il mondo».

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«Vedere spegnersi Mattia sarebbe un incubo»

Come si legge su Repubblica.it, «guarire Mattia sarebbe una formidabile iniezione di fiducia non solo per la scienza». Il 38enne di Codogno resta il paziente più grave colpito “solo” da coronavirus. Mentre i decessi di questi giorni presentavano un quadro clinico già compromesso, Mattia – sano e sportivo – «non deve morire». «Sedato, incosciente e intubato perché non autonomo nella respirazione», per Mattia, dice Bruno «Il problema è che resta impossibile prevedere il decorso dell’infezione. Altri sono già guariti. Lui invece è stabile dal primo istante. L’imprevedibilità purtroppo è il marchio dei virus sconosciuti». «Testiamo un cocktail di farmaci usati per l’Hiv, per l’epatite C e per l’ebola. – ha reso noto il 53enne cosentino – Nella miscela c’è la ribavirina. Esperimenti in vitro dimostrano che questo mix inibisce la crescita del virus. In Cina e in Corea del Sud è stato testato con successo anche sui pazienti».

«Il nostro dovere – ha concluso Bruno sulle pagine di Repubblica.itè curare più persone possibile nel modo migliore possibile. È un impegno eccezionale e non sappiamo quanto durerà questa epidemia. La gente deve sapere però che il nostro sforzo durerà fino a quando sarà necessario». Il timore maggiore? «Vedere spegnersi Mattia. Sarebbe un incubo. Ma cedere al protagonismo e dimenticare di remare tutti in silenzio e nella stessa direzione, sarebbe peggio. La sconfitta risulterebbe collettiva e irreparabile: lo spettro della pandemia dilagherebbe nel disastro del pandemonio».

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