Decreto 4 maggio 2020. Corsi e ricorsi della storia. Non vogliamo parlare di previsioni o di vaticini, ma di una semplice curiosità, notata da ‘Giornalettismo’, che vogliamo approfondire. Da che è scoppiata l’emergenza Covid-19 non sono state poche le persone a rilevare delle notevoli somiglianze tra il Coronavirus e la peste del 1630, protagonista dell’ultima parte de ‘I Promessi Sposi’, capolavoro di Alessandro Manzoni, che colpì soprattutto Milano. Sarebbe azzardato vedere il romanzo storico come un «prequel», ma è interessante vedere come, ad esempio, persino il 4 maggio, data dell’avvio della fase 2, sia stata decisiva anche nel XVII secolo. Non a caso essa apre il capitolo XXXII de ‘I Promessi Sposi’, l’unico del libro a cominciare con un gerundio «Divenendo», proprio perché ricollegato al precedente che propone al lettore un resoconto dettagliato della terribile epidemia che decimò la popolazione.
Coronavirus, quel 4 maggio ne ‘I Promessi Sposi’ non così lontano dal nostro
«Divenendo sempre più difficile il supplire all’esigenze dolorose della circostanza, era stato, il 4 di maggio, deciso nel consiglio de’ decurioni, di ricorrer per aiuto al governatore», si legge nel popolare romanzo. Riconosciuta ufficialmente la peste, i decurioni di Milano chiedono aiuto inutilmente al governatore Ambrogio Spinola. Questi si limita a concedere inconcludenti promesse, preoccupato soltanto dell’andamento della guerra, che dopo il saccheggio di Mantova, si concluse con il riconoscimento della successione del duca Carlo di Nevers. È straordinario vedere come Manzoni sia stato abile nel ricostruire l’epidemia sulla base di documenti e relazioni seicentesche, riportando fatti importanti ed episodi minuti, cercando di conservare tutta la loro forza. Ne viene fuori non solo un’accurata indagine (a cui tra l’altro lo scrittore dedicherà un saggio storico ‘Storia della Colonna infame’, incentrato ad un processo del 1630 contro due untori), ma soprattutto la rappresentazione del mistero del cuore umano, con le sue contraddizioni e deliri. La storia della pestilenza narrata da Manzoni non ha al suo centro solo l’interesse verso una malattia fisica, ma nei confronti di una patologia morale e psicologica.
Dalla caccia agli untori alla giustizia sommaria
La digressione storica di Manzoni si rivela l’occasione per riflettere su questioni spinose, che troviamo attuali ancora oggi ai tempi del Coronavirus. La folla, ad esempio, dominata da passioni: basse superstizioni e desiderio di cercare a tutti i costi dei colpevoli. Vittime del pregiudizio comune anche gli scienziati, come ad esempio il Tadino, che all’epoca segnarono un’infelice alleanza con gli ignoranti. Non c’erano i social, come oggi, è vero, ma la caccia agli untori è soltanto uno dei risvolti drammatici della pestilenza, che tocca da vicino anche noi. Nel capitolo XXXII l’autore descrive episodi di linciaggio e di giustizia sommaria: si diffondono a macchi d’olio voci su unguenti e sortilegi. Manzoni racconta di un vecchio aggredito nella Chiesa di Sant’Antonio perché sospettato di aver unto una panca.
4 maggio ne ‘I Promessi Sposi’: corsi e ricorsi della storia
Nello stesso capitolo il milanese racconta di una processione voluta dai magistrati con le reliquie di San Carlo per ottenere la cessazione della pestilenza. Il Cardinal Borromeo acconsente all’esposizione in chiesa per otto giorni, poi permette che la processione sfili. Il giorno dopo si manifesta a Milano un improvviso incremento della mortalità. Anche quest’ultimo un fatto che deve far riflettere molto, tenendo conto delle polemiche della Cei, che all’indomani della conferenza stampa di Conte, ha ribadito l’importanza della libertà di culto.
«Ed ecco che, il giorno seguente, mentre appunto regnava quella presontuosa fiducia, anzi in molti una fanatica sicurezza che la processione dovesse aver troncata la peste, le morti crebbero, in ogni classe, in ogni parte della città, a un tal eccesso, con un salto così subitaneo, che non ci fu chi non ne vedesse la causa, o l’occasione, nella processione medesima. Ma, oh forze mirabili e dolorose d’un pregiudizio generale!», si legge. Ma non è finita qui. Sul finale Manzoni parla anche dell’incremento della carità e della delinquenza. Con il venir meno dell’autorità pubblica soprattutto i monatti spadroneggiano. Costruire fosse comuni per seppellire i morti e far ripulire la città dai cadaveri diventano le principali urgenze. Milano è in ginocchio e la peste non è che agli inizi. leggi anche l’articolo —> Decreto 4 maggio, Italiani “esercito di scontenti”: Conte «caimano che nuota a dorso»