Il corpo di Pinar Gultekin è stato ritrovato tra i boschi del distretto di Mentese, nella provincia di Mugla, vicino alla città di Dalaman, in Turchia. Era scomparsa da cinque giorni. Studentessa universitaria di 27 anni, è l’ennesima vittima di un femminicidio. A differenza di tante altre, però, è stata la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”: l’indignazione per quanto accaduto ha aperto le porte di una vera e propria rivolta social. Perché in particolare i giovani sono stanchi, e pretendono un cambiamento radicale, che abbia alla base la parità di genere.
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Turchia, trovato il corpo della studentessa scomparsa
Pinar Gultekin è una delle numerosissime donne vittime di quella piaga che comunemente viene chiamata femminicidio. La studentessa universitaria, stando a quanto emerso tramite le prime indagini, sarebbe stata strangolata e poi abbandonata in un bosco della costa del Mar Egeo. La polizia ha fermato l’ex fidanzato, un uomo di 32 anni ora sospettato di omicidio. Un’altra ragazza, un altro nome. L’ennesimo. In Turchia i femminicidio sono in crescita costante, e i più giovani ora pretendono di cambiare il sistema, la cultura, la politica. Sono stufi di avere paura, di dover convivere con questo fenomeno.
Così la nuova classe sociale, quella più emergente, la cosiddetta generazione Z, ha iniziato una vera e propria rivolta sui social. Il caso infatti ha fatto alzare la voce dei più che, tramite i media locali e le piattaforme, hanno condannato e criticato le violenze, arrivando anche ad accusare le autorità, ritenute colpevoli di non aver strutturato sufficienti misure, leggi adeguate, mezzi di protezione.
A Istanbul, inoltre, è già attiva una piattaforma indipendente, “Fermiamo i femminicidi”. Secondo quanto riportato dalla segretaria generale dell’associazione, Fidan Ataselim, solo nel 2019 sono state almeno 474 le donne assassinate. E ciò che preoccupa di più è che i dati sono in aumento rispetto agli anni precedenti. Stando all’organismo, negli ultimi dieci anni sono state uccise più di 2600 donne. Alcuni numeri dell’Onu, inoltre, confermano il trend: il 38% delle donne turche ha subito violenze sessuali o psichiche da parte del proprio partner. Addirittura, “nel 2016 il governo aveva proposta una legge sull’amnistia per gli autori di abusi sessuali sui minori. Tutte le donne si sono opposte e la proposta è stata ritirata. Ora ci riprovano, la combatteremo di nuovo”, ricorda Ataselim.
Turchia, la proposta del “matrimonio riparatore”
Non a caso la Turchia è nel mirino delle associazioni che si occupano di uguaglianza dei diritti umani. In particolare, lo è per la proposta governativa di utilizzare il matrimonio riparatore. Questo prevederebbe che chi è accusato di violenza sessuale possa uscire di prigione, evitare quindi la condanna e ripagare le sue colpe sposando la propria vittima. Una proposta a dir poco terrificante, che costringerebbe chi ha subito violenze a convivere per sempre con il proprio carnefice. Questo, però, solo a patto che la differenza di età tra i due sia inferiore a 10 anni. Secondo Ataselim, non si può considerare altro che un tentativo del governo conservatore di sradicare le prove di una violenza sistemica nei confronti di donne e bambine. Un fenomeno che la Turchia, appunto, conosce bene.
Solo pochi mesi fa, prima del lockdown, le donne turche si sono riunite in una piazza di Istanbul per protestare contro la violenza di genere. Di fronte alla polizia, hanno intonato una canzone che terminava con le parole: “Lo stupratore sei tu”. Insieme alle associazioni, ancora oggi chiedono il ritiro di una proposta di legge che aggraverebbe severamente la questione della violenza di genere e quella delle spose bambine, un’altra piaga che intacca il Paese nelle sue zone più arretrate. Solamente negli ultimi dieci anni, infatti, sono state più di mezzo milione le ragazzine costrette a sposarsi con un’età inferiore a quella imposta dalla legge.
Ma potrebbero essere ancora di più, visto che in realtà molto spesso le nozze vengono celebrate da autorità religiose locali e quindi la notizia non diventa pubblica. E per quanto sembri di parlare di realtà che non possono corrispondere al 2020, è necessario rendersi conto che accadono a pochi passi da noi. >>Tutte le notizie di UrbanPost